Autostrada del sud #9
Tra quelli che aspettano di poter tornare alla vita com'era prima e quelli che dicono che non sarà possibile farlo, c'è un gruppo di persone - in cui mi inserisco - che a volte non sa dove guardare.
Trovo conforto in certi piccoli riti a cui mi dedicavo nel pre-Covid19, eppure l'esperienza del presente, l'impatto che sta avendo su di me, ha cambiato l'essenza di quei riti e ha in parte modificato anche la forma di quel conforto.
I social network hanno iniziato a mettermi ansia. Non che non li utilizzi, ma mi rendo conto che quando sto per compiere il gesto meccanico di digitare twitter punto com o di cliccare sull'app di Instagram, una specie di formicolio mi prende la gola, e finisco per farlo sempre meno. Quasi sempre mi trovo, poi, in preda a una confusione generale, e molto spesso a un senso di paralisi di fronte a persone, meglio dire account di persone, che con molta sicurezza in se stesse e nelle loro opinioni mi dicono cosa sia giusto io faccia e cosa no.
Ogni volta mi trovo di fronte a opinioni contrastanti, molto diverse. Tutte mi vorrebbero dire cosa devo pensare e cosa devo fare, come è meglio che mi comporti nella mia vita di ogni giorno, cosa dovrò fare dopo, cosa è bene che faccia ora.
In tutte queste opinioni non vedo sfaccettature, non vedo mai un verbo condizionale, raramente vedo domande, e non vedo un pensiero applicato a delle persone, ma solo un concetto fissato in alto sul foglio, un imperativo, una certezza, che non si modella per applicarsi ai soggetti, ma che vorrebbe vedere i soggetti modellarsi per venire a sé.
E ogni volta che leggo questi poli opposti penso: ma non è che forse ci sono molte cose che contengono una dose di verità al loro interno? Che una cosa che funziona per me può non funzionare per chi mi sta accanto? Non ho certezze, ma continuo a farmi domande, e continuo a chiedermi se applicare ragionamenti unici alla complessità di milioni di persone, alla complessità che vive in ogni singola persona, non sia come provare a rinchiudere il mare in un bicchiere.
Mi chiedo, anche, se non sia giunto il momento di rispolverare i concetti di empatia e di diversità e di declinarli in modi nuovi.
Ma bando ai flussi di coscienza, dopo questa premessa lunghissima e non richiesta:
Benvenutx a una nuova puntata di Autostrada del Sud, la newsletter Cortazariana che esce quando ho voglia di scriverla (cioè raramente).
Qui sotto trovate i libri che ho letto in questi primi mesi del 2020 e anche quello che sto leggendo ora e che leggerò a breve. Non è detto che possano piacere anche a voi, ma magari trovate qualcosa che vi ispira.
Ernesto Sabato, Sopra eroi e tombe. Einaudi. Traduzione di Jaime Riera Rehrem.
È stato il primo libro che ho letto quest'anno, e probabilmente sarà il migliore. Ognuno ha la propria comfort zone e la mia è la letteratura sudamericana. Quando leggo un libro scritto da sudamericani, al 99,9% so che mi piacerà, perché è il mio, mi ci ritrovo bene dentro, è come tornare al piccolo paese in cui sei nato quando vivi altrove per tanto tempo, e camminarci, conoscere quelle strade a memoria, ti fa sentire di un certo calore, un certo senso di appartenenza, un certo sapore di casa.
Sopra eroi e tombe è il grande capolavoro dello scrittore argentino Ernesto Sabato. Fa parte di una trilogia, che inizia con Il tunnel e finisce con L'angelo dell'abisso, e sono anche gli unici tre romanzi che ha scritto. Sopra eroi e tombe è diviso in tre parti e raccontarne la trama è abbastanza difficile, perché dentro c'è una storia d'amore, c'è un'ossessione, c'è una saga famigliare. La parte centrale del libro, visionaria e folle, si intitola Rapporto sui ciechi, e per molto tempo è stata pubblicata (anche) come libricino a sé. E si inserisce in un percorso che a volte non sembra avere un filo logico, e che parla da un lato della storia della famiglia degli Olmos, poi dell'amore disperato e tossico di Martìn per Alejandra, poi dell'ossessione del padre di Alejandra per i ciechi, convinto che siano una setta oscura che trama complotti.
Più di una volta mi sono sentita sperduta e più di una volta mi sono ritrovata a chiedermi: "Come ha fatto a scrivere una cosa così? Come gli sarà venuto in mente?".
Il libro è tosto, ed è pure un discreto mattonazzo (quasi 600 pagine, lo dico per chi ha problemi a leggere libri lunghi, come me), però io l'ho letto senza fare un plissé, il che la dice lunga.
Juan José Saer, Il fiume senza sponde, trattato immaginario. La nuova frontiera. Traduzione di Gina Maneri.
Il fiume senza sponde è il Rio de la plata, il grande fiume a forma di scorpione che divide l'Argentina dall'Uruguay, su cui affacciano Buenos Aires e Montevideo. Molti secoli fa si chiamava Rio de Solís, prendendo il nome da Juan Pedro Díaz de Solís, che alla fine del XVI secolo, per conto della corte di Spagna, arrivò su quelle rive dolci. Poi il nome è diventato Rio de la plata, fiume dell'argento, una beffa, dato che non è mai stato trovato nemmeno un grammo d'argento nel suo fondale.
Juan José Saer è invece stato un grande autore argentino, considerato uno dei migliori della sua generazione (quella successiva a Borges) e ha scritto questo saggio che racconta la storia di un intero popolo e un intero Paese attraverso la storia del suo fiume. Terra arida e tentativi di insediamenti, periodi rigogliosi e crisi. Non è una lettura sempre facilissima, ma Saer racconta questa storia come se fosse una favola, che parte da Fernando II d’Aragona e continua fino a Peron, e che traccia non solo una linea storica, ma anche una culturale ed emotiva.
J. Rodolfo Wilcock, Il libro dei mostri. Adelphi.
Se cercate su Wikipedia "Juan Rodolfo Wilcock" scoprirete che questo scrittore argentino (sì, di nuovo), nato da madre italiana, è morto a Lubriano, un paese microscopico in provincia di Viterbo, a pochissimi km da dove è stato girato Lazzaro felice, per intenderci. A me viene sempre da ridere quando ci penso. Come ci è finito uno come Wilcock a Lubriano/Velletri con tutti i posti dove poteva approdare? Chissà. Il libro dei mostri è una raccolta di racconti fantastici ed è il suo ultimo libro. Sono testi brevissimi, che provano a farci vedere un mondo diverso, con esseri reali che diventano grotteschi, folli e divertenti, a volte schifosi e inquietanti. Wilcock lo scrisse in italiano e non si fa fatica a leggere una certa presa in giro nei confronti della borghesia, ma anche del mondo attorno a sé, fino a che noi stessi, in certi casi, ci ritroviamo dentro quelle pagine e ci chiediamo quanto stiano parlando di noi.
Shirley Jackson, Pomeriggio d'estate. Adelphi. Traduzione di Simona Vinci
V.S. Naipaul, Dolore. Adelphi. Traduzione di Matteo Codignola.
Una nuova collana è arrivata in città. È di Adelphi e si chiama Microgrammi, è nata in questo periodo di reclusione per farci leggere "in formato digitale, alcuni dei testi che avremmo pubblicato in queste settimane e che usciranno in un futuro imprecisato. Più qualcosa d’altro che non era immediatamente in programma e qualcosa che non lo era affatto." Io ne ho letti due. Quello di Shirley Jackson raccoglie due racconti diversissimi ma ugualmente belli. Il primo parla di una donna che non sa cucinare e che deve preparare la cena a un uomo molto affascinante e arrogante. Ha un incipit che è forte come una spada ficcata nella corteccia e si legge con un sorriso dall'inizio alla fine, mentre assistiamo al disastro. Il secondo è un racconto molto Jacksoniano, con quel tocco gotico e misterioso, dove il sorriso di prima si fa amaro e scopriamo (se ce ne fosse bisogno) che le cose non sono quasi mai come sembrano. I microgrammi costano € 1,99 e sono perfetti per chi di voi sta avendo il blocco del lettore in quarantena.
Silvina Ocampo, La promessa. La nuova frontiera. Traduzione di Francesca Lazzarato.
Che problema ho con l'Argentina? potrebbe chiedersi qualcuno a questo punto. C'è un viaggio che mi aspetta (incrociamo le dita). Buenos Aires, Montevideo e la Patagonia. Nel frattempo, ho pensato a una bella full immersion di autori e autrici argentini, tra cui Silvina Ocampo, non particolarmente conosciuta in Italia. Amica di Borges e moglie di Casares, ha scritto molti libri, pubblicati in Italia da Sellerio, Einaudi e La nuova frontiera (Sur ha pubblicato un'opera scritta a quattro mani con Casares, Chi ama, odia). La promessa è un libro breve, frammentato, in cui le molte storie al suo interno compongono un alveare pieno di personaggi. La protagonista è su una nave e chinandosi sul parapetto per afferrare una spilla scivolata, cade nell'oceano. Mentre vede la nave allontanarsi, fa una promessa a Santa Rita: se riuscirà a salvarsi, scriverà un romanzo prima del suo prossimo compleanno. Parte allora la sua storia, ricca di ricordi, di persone che ha incontrato e della città in cui ha vissuto.
Cosa sto leggendo.
Yoko Ogawa, L'isola dei senza memoria. Il Saggiatore. Traduzione di Laura Testaverde.
Il Saggiatore è una casa editrice che apprezzo particolarmente e a cui tengo molto. Non solo perché è stato il primo editore a spedirmi in regalo un libro, anni fa, ma anche perché sono affezionata a diverse persone che ci lavorano e perché - ovviamente - ha un catalogo interessantissimo. Durante questo periodo di reclusione sono stati i primi, mi pare, a lanciare un'iniziativa nuova, ovvero la solidarietà digitale.
A cadenza regolare mettono a disposizione gratuitamente un loro libro in formato epub e mobi.
Io non amo la letteratura giapponese. O meglio: la statistica dice che i libri di autori e autrici giapponesi che ho letto non mi hanno lasciato quasi niente. Semplicemente forse non fanno per me. Ma ho voluto fare un'eccezione per L'isola dei senza memoria per due motivi. Il primo è il tema centrale della trama. (Copio incollo dal sito): "In un tempo non precisato, su un’isola senza nome l’intera popolazione progressivamente smette di ricordare. Come per un’inspiegabile epidemia della memoria, sparisce l’idea di qualcosa, quindi sparisce la cosa stessa. Un giorno dopo l’altro, l’epidemia colpisce tutto e tutti". BOOM. Il tema della memoria, dei ricordi, è un tema che nell'ultimo anno mi ha particolarmente toccata e colpita. Come riuscirà a tenere in piedi una trama come questa per 250 pagine? mi sono chiesta. E quindi via di lettura. Il secondo motivo è prettamente commerciale, ovvero questo libro è tra i finalisti dell'International Booker Prize, il cui vincitore sarà annunciato il 19 maggio più avanti.
Subito dopo.
Pajtim Statovci, Le transizioni. Sellerio. Traduzione di Nicolò Rainò.
C'è questa cosa per cui se tutti dicono che un libro è bello, sentiamo puzza di bruciato. O meglio: esce un certo snobismo aberrante per cui i libri letti e apprezzati da tutti diventano subito pop-commerciali e quindi ne prendiamo le distanze. Era una dinamica che anni fa mi toccava in prima persona e che fortunatamente ho perso. Perché la verità è che Cara di Lucio Dalla è una canzone che amano tutti, ed è anche uno dei più grandi capolavori della musica italiana, e il fatto che piaccia a tutti non le toglie nemmeno un grammo di splendore. Questo per dire che se sfogliate gli inserti letterari dei giornali, se spulciate su blog e Twitter, leggerete che Le transizioni di Statovci pare sia un libro meraviglioso, e quindi io lo leggo. Pajtim Statovci, classe 1990 (primo accenno di invidia della sottoscritta) è considerato uno scrittore maturo e tra i più bravi della sua generazione (secondo accenno di invidia della sottoscritta). Nato in Kosovo, si è trasferito a due anni in Finlandia con la sua famiglia, per sfuggire alla guerra. Le transizioni è il suo secondo romanzo, gli è valso il Toisinkoinen Literature Prize e mi ha già conquistata dall'esergo, di Amoz Oz: "I fatti tendono a nascondere la verità ai nostri occhi".
Libri in lista d'attesa (anche rinominati: chissà quando vi leggerò).
Judit Butler, Soggetti di desiderio. Laterza. Traduzione di G. Giuliani.
Riccardo Calimani, Storia del ghetto di Venezia. Mondadori.
Anna Maria Ortese, Il cardillo addolorato. Adelphi.
Altri libri letti o riletti in questi primi mesi del 2020.
Gabriel Garcia Marquéz, Cent'anni di solitudine. Mondadori. Traduzione di Ilide Carmignani.
Ernesto Sabato, Il tunnel. Feltrinelli. Traduzione di Paola Tomasinelli e Paolo Collo.
Natalia Ginzburg, La strada che va in città. Einaudi.
Roberto Bolaño, Stella distante. Adelphi. Traduzione di Barbara Bertoni.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine. SE studio editoriale. A cura di Alfonso D'Agostino.
Ricardo Piglia, Città assente. Sur edizioni. Traduzione di Enrico Leon.
Julio Cortazar, Carol Dunlop, Gli autonauti della cosmostrada. Einaudi. Traduzione di Paola Tomasinelli.
Dino Buzzati, Un amore. Mondadori.
Bernard Malamud, I racconti. Einaudi. Traduzione di Luisa Balacco, Igor Legati, Vincenzo Mantovani, Donata Migone, Ida Omboni.
Anna Maria Ortese, Alonso e i visionari. Adelphi.
Flannery O' Connor, Il cielo è dei violenti. Einaudi. Traduzione di Ida Omboni.
(Di queste due autrici ho parlato anche nel mio canale Telegram, se vi va lo trovate QUI. Anche in questo caso: frequenza molto random e alta possibilità di sospensione del progetto. Ma fino ad allora...)
Un disco.
Questa puntata è stata scritta ascoltando Play me again, di Kid Francescoli (la mia preferita è Moon).
Un link.
QUI potete trovare Ernesto Franco che consiglia alcuni libri, ma soprattutto che legge Continuità dei parchi, un racconto di Julio Cortàzar.
Come sempre:
- se avete dubbi, richieste, domande, critiche, potete scrivermi a autostradadelsud [at] gmail [dot] com.
- perdonate refusi, eventuali link che portano altrove, strafalcioni.
- ricordatevi che molte librerie indipendenti fanno servizi di consegna a domicilio, e molte case editrici spediscono direttamente, senza spese di spedizione. Insomma prima di comprare da colossi online vagliate le alternative, se possibile (ed è possibile).
Cercate di stare bene.
A presto,
Silvia
Photo by Evan Kirby on Unsplash
L'autostrada disegnata è di Carlotta Mazzini.