Autostrada del sud #45 - Cosa è importante per te?
La prima cosa che noti è la totale assenza di rumori artificiali. È un pensiero bizzarro, per certi versi, dato che sei su un traghetto invaso dal rumore bianco, costante, dei motori. Eppure ciò che senti maggiormente sono il vento, le onde che sbattono contro la prua mentre taglia il mare, e in lontananza i cespugli che si muovono insieme all’erba alta paiono produrre un suono che è impossibile sentire da quella distanza, ma che per uno strano meccanismo neurologico che non conosci ti sembra di avere lì, basterebbe allungare la mano per toccarlo.
Poi arrivano i colori. Verdi intensi che ti fanno pensare a quel racconto che ami di David Foster Wallace, un racconto che parla della fine dell’amore quando non c’è più niente da dire; il cielo scuro, zuppo d’acqua, che in un attimo diventa così azzurro da farti googlare “Perché il cielo è azzurro” per la trentesima volta (lo ha già fatto negli anni ma dimentichi sempre la risposta). E poi tutti i blu del mare: mescolato al bianco quando la schiuma si sparge attorno ai fari nell’acqua; cobalto quando la profondità aumenta, azzurro-verde dove diminuisce, nero in certe chiazze lontane dove l’occhio arriva a malapena. La strada è grigia, il pub giallo ocra, le nuvole bianchissime, tutti i bicchieri di vino sui tavolini dei bar rosa chiaro, le imposte di ogni casa in pietra di un colore diverso a seconda del gusto di chi ci abita.
Quello che ho sentito dopo, nei giorni a seguire, non era qualcosa che aveva a che fare con i sensi, ma un movimento interno, collegato con il fuori attraverso un filo. Ho passato qualche giorno su una piccola isola in mezzo all’atlantico, senza automobili, piena di biciclette senza catene, lasciate libere nei giardini, sui prati, davanti ai bar. Dico una banalità, ma quando un’amica mi ha chiesto come mi stessi, ho risposto che sentivo una grande libertà da un lato e un grande senso di comunità dall’altro. Ero convinta che quella vita lenta e randagia mi avrebbe gettata nell’ansia - rallentare e fermarmi, per me, è un grosso problema -, invece un profondo senso di pace si è fatto strada quasi improvvisamente e mi ha fatto cambiare prospettiva. Seduta sull’erba davanti all’oceano o al bar bevendo vin rosé, in bicicletta su stradine deserte per mangiare un panino, davanti a una distesa di fiori di campo che rendevano la terra viola, continuavo a chiedermi:
Cosa è importante per te?
È stata la domanda che ha colonizzato la mia estate.
Cosa è importante per te?
Sarei bugiarda se dicessi che è stato un pensiero improvviso, un’epifania fulminea trovata in tasca in un momento di distrazione. Ma si è infittito come certe felci nel bosco, ha preso forme sbilenche che cambiavano di ora in ora, e adesso che l’autunno è qui mi pare i suoi echi abbiano messo a terra una serie di azioni involontarie che pure sono collegate a quella domanda.
Cosa è importante per me lo sto capendo piano piano, e forse anche per questo è molto cambiato - e continua a cambiare - il mio modo di stare qui sopra - dove per “qui sopra” intendo in uno spazio online dietro a uno schermo. Non solo - mi pare - in un senso quantitativo ma nel modo in cui mi sento a mio agio ad abitare uno spazio, nelle cose di cui mi va di parlare e nelle modalità in cui vorrei farlo. E anche (e non di meno) nel capire che senso ha per me stare online da spettatrice, cosa mi piace guardare degli altri e cosa mi pare sterile, completamente votato al personal branding e senza un minimo senso di condivisione e scambio. O forse semplicemente non adatto a me.
Con questa premessa e senza risposte precise: ben ritrovat*. Questa è Autostrada del sud, la newsletter che non rispetta le scadenze. Spero stiate bene e che abbiate passato una bella estate.
⚡ Cosa ho letto
Tra le cose che ho letto in questi mesi ci sono Perché sono da sempre un corso d’acqua, di Kim de L’Horizon (Il Saggiatore), un libro di cui si è parlato pochissimo e che invece avrebbe meritato; Paris-Brest di Tanguy Viel (Neri Pozza), che mi è piaciuto tantissimo per il modo in cui ha saputo raccontare cosa succede a una famiglia quando ci sono di mezzo i soldi; La letteratura nazista in america di Roberto Bolaño (Adelphi), che mi ha divertita in quel modo strano in cui fa divertire Bolaño; Sulle strade di mio padre di José Henrique Bertoluci (Iperborea) del quale ho scritto nello speciale di Ghinea per Gaza, un libro-costellazione che racconta il rapporto tra un padre camionista e un figlio accademico attraverso la storia del Brasile; L'arte di produrre effetto senza causa di Lourenço Mutarelli (Casagrande), un libro pazzo e interessante per la struttura e per i dialoghi ma che mi ha lasciata con qualcosa in sospeso, come un cerchio non chiuso, che mi impedisce di dire che è un romanzo veramente riuscito.
E a proposito di libri matti, sto leggendo Macunaíma, di Mário de Andrade (Adelphi, traduzione di Giuliana Segre Giorgi), un trip non indifferente.
Un romanzo che ho letto e che mi ha molto colpita è Ti ho dato gli occhi e hai guardato le tenebre, della scrittrice spagnola Irene Solà, edito Mondadori (autrice già arrivata in Italia con Io canto e la montagna canta, edito Blackie). Un libro con una scrittura densissima, impregnato di miti, leggende, spiriti e folkrore. Joana fa un patto col diavolo per trovare un marito “integro”. Il marito arriva, ma gli manca un mignolo, dunque per Joana l’accordo salta per aria. Il diavolo non è d’accordo e le scaglia contro una stirpe maledetta a cui manca sempre qualcosa: la memoria o l’amore, la lingua o un orecchio, un pezzo di cuore o l’ano. Un libro in cui saltano le regole e in cui salta anche il tempo. Lo spazio, invece, è quello di un casolare che è anch’esso protagonista, insieme a tutte le donne che lo abitano. Donne che si tengono strette ai luoghi, per citare Virginia Woolf, e che cercano nuovi modi di vivere.
Se ti piace quello che faccio e vuoi sostenere questa newsletter, puoi offrirmi un caffè pigiano il bottone qui di seguito.
⚡Libri da recuperare o in uscita
Violetta Bellocchio, Electra, Il Saggiatore.
“Violetta Bellocchio ha deciso di sparire, cancellando ogni traccia del suo passaggio sulla Terra dopo che un uomo ha abusato di lei nel tragitto verso casa. Non può più essere quella di prima, perché il suo corpo non è più quello di prima. La spinta alla disintegrazione della propria identità arriva dal trauma, dall’urgenza di allontanarsi dalla quotidianità ormai compromessa. Perché una violenza sessuale inflitta a un personaggio pubblico ha delle conseguenze di un certo tipo: qualcuno vorrà vedere se porta i segni dell’accaduto, se in pubblico sembra agitata, se insomma da fuori si nota; “e se invece si fosse inventata tutto?” Anche questo “gli altri” possono pensare, perché se sei un volto noto tutti si sentono legittimati a dire la loro su di te. Violetta ha tagliato tutti i suoi legami. Gettato telefoni. Gli abiti indossati in tv sono finiti nei cassonetti degli abiti usati. Il suo alter ego in quel periodo è stata Barbara Genova, l’identità con cui ha vissuto, lavorato, pubblicato per due anni, lontano dalla sua lingua madre, diventando una sconosciuta. Barbara Genova ha permesso a Violetta di tornare alla luce – con un tempo privato, mesi di paziente lavoro solitario mentre il suo volto cambiava e il suo sistema nervoso andava riparandosi – o invece ha costruito un nuovo sistema nervoso per sostenere il nuovo volto di Violetta? È stata Barbara a inventarsi la Violetta di oggi? O il contrario? Violetta Bellocchio ha deciso di sparire ed Electra è la storia della sua sparizione.” (Esce a fine ottobre).
Andrés Felipe Solano, Gloria, Sur. Traduzione di Giulia Zavagna.
“È un luminoso sabato di primavera: New York è il centro del mondo, un universo di possibilità senza fine. Gloria ha vent’anni, è innamorata, vive da poco in città e ricorderà quella data per sempre: è l’11 aprile del 1970, l’Apollo 13 sta per decollare, e il suo idolo, il cantante argentino Sandro, suona al Madison Square Garden in un concerto che passerà alla storia. Si può raccontare la vita di una donna, di una madre, a partire da un giorno soltanto, il giorno in cui è diventata adulta? È questa la domanda che si pone il figlio, cinquant’anni dopo, quando si accorge che la sua giovinezza a New York non è così diversa da quella di Gloria: quel figlio è Andrés Felipe Solano, che ripercorre uno dei giorni più significativi per la ragazza che sarebbe poi diventata sua madre con una scrittura sincera, mai banale e piena di tenerezza. Sullo sfondo, la Grande Mela con i suoi chiaroscuri, gli Stati Uniti come opportunità, la Storia che corre veloce. Un romanzo che parte dal passato per immaginare tutti i futuri possibili, nel quale ognuno potrà ritrovare un pezzetto del proprio percorso, dei propri desideri, dei propri sogni.” (Esce a inizio ottobre)
Beatrice Benicchi, Non per cattiveria, Feltrinelli Gramma.
“Ogni anno in tutto il mondo mille persone perdono la vita per colpa di un fulmine. Io non sono tra queste.” Così comincia la storia di Anna, che cresce insieme al padre nella casa di campagna della nonna. È orfana di un fratello, ha una madre assente, un papà fallito e una nonna artista e ludopatica, con una passione per i rettili e una tarantola che ha chiamato Golia. Anna si convince che sopravvivere a un fulmine significa essere diversi e predestinati a grandi cose. Eppure a ventiquattro anni non ha ancora trovato una direzione, e si sente fuori posto ovunque. La storia cambia quando la nonna muore improvvisamente e Anna e il padre Vincenzo devono così fare i conti con una situazione che li porterà a superare le loro ansie e le loro paure. Attraverso una realtà difficile, popolata da un’umanità sfuggente, influencer e personaggi senza scrupoli, in una Milano spietata. In questo libro le contraddizioni e le bugie diventano l’affresco di un mondo giovane e irrisolto, incapace di prendersi le proprie responsabilità. Eppure una strana saggezza fa di Anna un personaggio di grande solidità. "Non per cattiveria" è l’esordio di una scrittrice feroce e ironica, capace di raccontare una storia tanto grottesca quanto reale. Un romanzo che colpisce come un fulmine. Il racconto di una generazione destinata a bruciare occasioni prima di ritrovarsi e di adulti che non sono più capaci di proteggere e farsi guida. In questo libro giovinezza e sapienza letteraria finiscono per viaggiare nella stessa direzione. Beatrice Benicchi si rivela come un talento originale, fuori dagli schemi, lontano da stereotipi e maniere.”
Andrés Montero, L’anno in cui parlammo con il mare, Edicola Ediciones. Traduzione di Giulia Zavagna.
“Un’isola che non appare sulla mappa, un patto col diavolo, una campana d’oro che suona dal fondo del mare, un cimitero senza corpi, una taverna che un tempo è stata nave e ora ospita le serate di una tranquilla comunità, fino al giorno in cui l’isola annuncia il ritorno di Jerónimo Garcés, che dopo cinquant’anni in giro per il mondo torna a far visita al fratello gemello Julián. Dopo qualche giorno, i due capiscono che è impossibile ritrovare la complicità che li aveva accompagnati da ragazzi, ma una pandemia impedisce a Jerónimo di ripartire. Sarà l’isola, attraverso la voce dei suoi abitanti, a farsi carico della loro storia, raccontandone il passato, spiandone i segreti e tessendo la trama di una possibile riconciliazione. Con la sua scrittura intima e commovente, L’anno in cui parlammo con il mare è uno straordinario racconto corale sulla fugacità del tempo, sulla vita che abbiamo vissuto e su quelle a cui abbiamo dovuto rinunciare, su chi siamo e su chi avremmo potuto essere, su quali storie vale la pena ascoltare, raccontare o tacere in questo breve viaggio che chiamiamo vita.”
⚡Link e varie
Come si parlano il cambiamento climatico e la nuova Costituzione cilena? Così. Sul NYT
Booker Prize 2024: cinque autrici nella sestina che si giocherà la vittoria. Sul IlLibraio.
Al festival di Venezia è stato presentato Ainda estou aqui (Sono ancora qui), il nuovo film di Walter Salles. Il racconto del sequestro dell’ex deputato laburista Rubens Paiva, desaparecido. Su Il Manifesto.
Le violenze contro i migranti alla frontiera meridionale del Messico. Su Internazionale
È sempre il momento giusto per leggere Queer. Su Rivista Studio.
Il 3 ottobre, il collettivo Mis(S)conosciute presenta il podcast prodotto da Emons “Gagliarda Potenza” (su Goliarda Sapienza) alla libreria Alaska di Milano. Con Martina Neglia.
Questo fine settimana a Milano (in un posto molto carino).
⚡Quattro domande a…
Oggi l’ospite della rubrica è Claudia Tarolo, coedittrice - con Marco Zapparoli - della casa editrice milanese Marcos y Marcos.
La ringrazio per la disponibilità e la gentilezza con cui ha risposto a questa piccola intervista.
1. Qual è il ricordo più bello che hai in Marcos y Marcos?
Tra tanti ricordi molto belli forse il giorno in cui abbiamo conosciuto Pedro Lemebel a Santiago; eravamo appena arrivati, i nostri zaini erano rimasti a Madrid per un disguido e avevamo indumenti troppo caldi per il clima estivo (eravamo partiti da Milano sotto la neve di dicembre). Di lì a poco avremmo pubblicato Ho paura torero, l'unico romanzo di Pedro, ed eravamo partiti per il Cile senza nessuna certezza di incontrarlo: ci avevano detto che era un personaggio complicato. Invece passeggiando per Santiago siamo stati attratti magneticamente da una libreria, Metallos Pesados, la vetrina era colma di libri di Pedro Lemebel, e il libraio con cui abbiamo chiacchierato si è subito offerto di chiamarlo. Dopo pochi minuti Pedro era lì, alto e dolce, voleva prestarci abiti estivi; siamo rimasti con lui fino a notte inoltrata, a bere pisco e a ridere forte.
2. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Ho iniziato a leggere a quattro anni, leggevo letteralmente di tutto, a sei anni ho letto Lessico familiare della Ginzburg. Amavo leggere nella mia tana in cima a un armadio, leggevo sempre fino all'ultimo momento possibile, appoggiato il libro sulla sedia accanto alla porta di casa quando andavo a scuola, riprendevo a leggere come prima cosa quando tornavo. Pippi Calzelunghe mi faceva sognare, credo di aver letto ogni singolo libro di Salgari. Del Maestro e Margherita adoravo la parte su Ponzio Pilato.
3. Che libro stai leggendo in questo momento?
I figli sono finiti di Walter Siti e La vita agra di Bianciardi.
4. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
Se la mia libreria va a fuoco in questo periodo mi viene subito da salvare Tutto questo fuoco di Angeles Caso, e non solo perché contiene la parola fuoco. Racconta il baleno di vita e scrittura che sono state le sorelle Brontë, un fuoco che è divampato per spegnersi in fretta, ma lasciando un segno duraturo nella storia della letteratura e nella storia delle donne.
Una parola.
Slogan - [slògan] - Frase che esprime un concetto in maniera incisiva, efficace e caratteristica, specie usata in propaganda e pubblicità. Voce inglese, prestito dal gaelico di Scozia [sluagh-ghairm] ‘grido di battaglia’.
Un link.
Ferrovie abbandonate. Via Una cosa al giorno.
Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando Eusa, l’album che Yann Tiersen ha dedicato all’isola di Ouessant.
Fine del gioco (super cit).
Come sempre potete rispondere a questa mail se volete salutarmi o avete qualcosa da dirmi. Oppure mi trovate su Instagram e Twitter.
Abbandonate i libri che non vi piacciono e tirate fuori la canottiera.
A presto!
Silvia