Autostrada del sud #40 - Come stiamo?
Ho scritto questa introduzione per tre volte e per tre volte l’ho cancellata. Ogni volta che ci ho provato, erano successe cose terribili dalla volta precedente e il senso iniziava - se non a svanire - almeno ad annebbiarsi.
Inizio sempre questa newsletter chiedendovi “Come state?” ma questa volta, mentre il mio cervello dava il comando alle dita, mi è uscito “Come stiamo?” ed è da quel momento che ogni cosa scritta è stata poi cancellata. In una versione ombelicale e narcisistica potremmo rispondere bene oppure male oppure argomentare qualcosa per non rispondere davvero. Il punto è - mi pare - che sempre più spesso e ora in modo prepotente, la nostra vita e il nostro sentire non possono più essere slegati da quel che vediamo attorno a noi, da quello che succede vicino o lontano da qui. Nell’ultimo mese mi è sembrato impossibile rispondere alla domanda Come stai. Perché sì, certo, sto bene, ho una casa in cui vivere, faccio tre pasti al giorno, posso permettermi di aprire un file condiviso per le vacanze del 2024, ho un lavoro e grandi soddisfazioni, progetti che ingranano, cose che desideravo che si avverano. Ma questa felicità come si incastra con gli ospedali bombardati? Con un genocidio in corso? Possiamo davvero rispondere alla domanda “Come stai?” in un momento come questo, senza prendere in considerazione cosa è fuori da noi? La nostra felicità rimane tale ad ogni costo? O si restringe e si allarga a seconda di quanto riusciamo a pensare a noi senza pensare agli altri? So perfettamente di dire banalità, ma io continuo a pensarci e sempre di più fatico ad attuare quella che la mia analista chiamava “separatezza”, provare a mettere dei paletti tra me e il mondo per non venire risucchiata dalle cose, senza però perdere il tocco con il “fuori”, la sensibilità verso l’altro-da-noi. Una cosa difficilissima, lo so, salvarsi senza lasciare che le barche altrui affondino. Come si fa? Sono settimane di dolori profondi e grandi felicità che convivono insieme. È come se la mia separatezza fosse scomparsa, mi sono ritrovata a piangere a singhiozzi davanti a un cane in un recinto nell’alto Monferrato chiedendomi se si sentisse solo, a sentire il magone leggendo un articolo del Washington post, a distogliere lo sguardo dalle stories di Cecilia Sala, a pensare leggendo Baldwin che dice “Joyce is right about history being a nightmare - but it may be the nightmare from which no one can awaken. People are trapped in history and history is trapped in them”, ma a piangere anche di gioia, tanto, spesso. È come se da qualche settimana non ci fosse più un filtro che mi permette di elaborare e razionalizzare il mondo e tutto fosse amplificato.
Se potete e avete modo, prendete in considerazione la possibilità di aiutare.
Vi riporto qui alcune opzioni:
PCRF - Palestine Children’s Relief Fund
Croce Rossa Italiana
Medici senza frontiere
Ciao, questa è Autostrada del sud, la newsletter che pensa troppo che ha saltato un mese perché aveva da fare.
Sono stati due mesi pieni e molto belli, nonostante tutto. Sono stata a Roma a fare quattro ore di lezione a un gruppo di ragazzi e ragazze super in gamba, ho mangiato la cacio e pepe a Garbatella, bevuto uno spritz a Testaccio, parlato per ore con amici che non vedevo da troppi mesi. Poi sono volata ad Alghero, per un festival incredibile che si chiama Dall’altra parte del mare, dove ho presentato Nona Fernandez, un’autrice cilena che amo tantissimo.
Poi sono tornata a Milano e ho presentato Mariana Enriquez, un’autrice argentina che è uscita con una nuova raccolta di racconti.
Nel frattempo ho letto, scritto, editato, bevuto birre in un autunno inesistente, visto film, concerti, pensato all’inverno che sta arrivando. Quest’anno è passato alla velocità della luce e mi ha regalato molte cose, a volte mi sento sopraffatta, altre solo molto contenta.
Iniziamo.
<3
Alcune cose che ho letto.
Ho letto lo speciale sul Cile dell’Internazionale, mi sono riletta quasi tutta Nona Fernandez e qualche saggio qui e là di James Baldwin, ma anche:
Mariana Enriquez, I pericoli di fumare a letto, Marsilio. Traduzione di Fabio Cremonesi.
Una nuova raccolta di racconti di Mariana Enriquez, scrittrice argentina che negli ultimi anni ha fatto moltissimo parlare di sé e della sua scrittura. Una raccolta in realtà datata, uscita altrove prima della raccolta che l’ha consacrata a scrittrice “del perturbante”, ovvero Le cose che abbiamo perso nel fuoco, sempre per Marsilio. Anche ne I pericoli di fumare a letto, Mariana affronta i temi ai lei cari: il corpo, il divario sociale, il dolore, la rabbia, modellando i contorni del genere orrorifico e gotico sulla società e sulla politica contemporanea, con un sacco, un sacco, un sacco di cultura pop.
Luis García Montero, Un anno e tre mesi, Guanda. Traduzione di Cinzia Cappelli.
Un anno e tre mesi è la durata della malattia della moglie di Montero, la scrittrice Almudena Grandes, che muore il 27 novembre 2021. Montero racconta gli ultimi mesi di vita insieme attraverso una poesia delle piccole cose, che sono poi quelle che creano una storia d’amore. Riti e passeggiate, chiacchiere e ricordi di una vita passata insieme. Il racconto dell’amore quando il tempo si restringe, il racconto di come si può parlare dell’amore sapendo quel che succederà. Servono scorte di fazzoletti di carta.
Melissa Febos, Girlhood - In un corpo di ragazza, Nottetempo. Traduzione di Federica Principi.
Come si diventa ragazze e in che modo crescono all’interno della società? In questo libro, Febos unisce una serie di saggi letterari che ha scritto nel tempo e racconta - attraverso la sua storia e attraverso le storie di altre donne - di corpi e di patriarcato, di regole e aspettative, di piacere, eros e sguardo maschile, di abuso e violenza, ma anche di come ci si può difendere e proteggere e infine liberarsi da qualcosa che ci siamo trovate addosso nostro malgrado.
Libri in uscita o da recuperare
Juan José Saer, Il testimone, La nuova frontiera. Traduzione di Luisa Pranzetti.
”Da qualche parte al di là dell’Oceano, negli anni della conquista e dell’esplorazione delle Indie, un giovane mozzo viene catturato da una tribù di indios. Scoprirà subito che sono cannibali ma a differenza di quanto avvenuto ai suoi compagni, non è destinato alla graticola: gli indios si aspettano altro da lui. Anno dopo anno la sua cattività si prolunga, monotona e tranquilla, mentre davanti ai suoi occhi si dispiegano gli usi, i costumi e la visione del mondo di quegli indios. Lui riferisce tutto fedelmente al lettore, minuzioso nei particolari, anche i più inquietanti, anche i meno comprensibili. Poi un giorno, all’improvviso, i suoi carcerieri lo mettono su una canoa carica di regali e lo abbandonano alla corrente; più tardi una nave spagnola lo raccoglie. Tutto il resto della sua lunga vita sarà segnato da quegli anni, la sua avventura diventerà leggenda e lui stesso ne trarrà un canovaccio di successo. Solo con il passare degli anni però quel mozzo capirà le ragioni di quella strana avventura e adesso, alla fine della vita, potrà finalmente portare a termine ciò che gli indios si aspettavano da lui.”
Yuliana Ortiz Ruano, Febbre di carnevale, Sur. Traduzione di Marta Rota Núñez.
”Ainhoa ha otto anni, vive nella grande casa della nonna materna e passa giorni interi arrampicata sugli alberi. Da lassù, tra una guaiava e un avocado, guarda il mondo con occhi stupiti e attenti, sente la musica uscire ininterrottamente dalla radio, osserva da lontano i quartieri che le sono assolutamente proibiti e saluta la madre, le zie, le vicine che si affaccendano per casa. Cerca di capire quello che la circonda, e di capirsi, in un piccolo mondo che nel periodo del carnevale si trasforma, come «una porta spalancata verso il delirio, la follia e l’eterna baldoria». È allora che entrano in gioco i corpi, il ballo, il sudore, e affiorano segreti di famiglia, episodi di violenza mai messi a fuoco, dettagli oscuri che punteggiano la sua storia e quella delle donne che l’hanno cresciuta. Una memoria che si tramanda di generazione in generazione e che, oltre la musica, oltre la frenesia, si raccoglie nei silenzi annidati dietro le pareti di casa. Fra segreti, non detti e ricordi, un potente esordio al femminile che ha il ritmo travolgente dei tropici. Un romanzo dalla voce indimenticabile, nel quale la lingua, la famiglia e i luoghi – la città di Esmeraldas, in Ecuador, affacciata sull’oceano – sono indissolubilmente legati.”
Laura Fano Morrissey, Per una politica della dignità. Femminismi, migrazioni e colonialità in America Latina, Capovolte Edizioni.
”America Latina luogo della dignità, cuore delle battaglie per il riscatto sociale, terreno vivo dei movimenti femministi che nell’ultimo decennio hanno segnato la strada a livello transnazionale. Laura Fano Morrissey, antropologa sociale specializzata in America Latina, ci conduce al centro dei movimenti sociali che hanno infiammato un’area del mondo da sempre attiva nella sua dimensione partecipativa. Dalla storia di Francia Márquez, prima vicepresidente Nera della Colombia, alle battaglie dei femminismi latinoamericani, in primis la potenza di Ni Una Menos in Argentina, dalla lotta all’estrattivismo con la centralità del corpo-territorio, alla portata del fenomeno migratorio che riguarda sempre più donne coinvolte nelle catene globali della cura. E, dunque, la sfida dei femminismi occidentali verso una necessaria decolonizzazione dei propri sguardi e delle proprie pratiche.”
Daniele Del Giudice, Del narrare, Einaudi.
”L’attività saggistica di Del Giudice ha prodotto molte piú pagine rispetto alla sua narrativa. Sono prefazioni, articoli su rivista, conferenze e interventi a convegni, scritti spesso inediti o poco conosciuti. Per tutta la sua vita di scrittore e di saggista, Del Giudice ha riflettuto su cosa significhi raccontare un sentimento, su come rappresentare il tempo, su come la percezione degli oggetti cambi il modo di pensare e di vivere e dunque di scrivere. Lo ha fatto guardando l’invisibile, sia quando esplora il nucleo primo della materia fisica, sia quando ricorda il suo viaggio nelle terre antartiche, sia quando legge gli autori che piú ha amato. Anche parlando di sé e del proprio lavoro di scrittore, Del Giudice illumina «l’emergenza», cioè quel che affiora in superficie nella «zona» del narrare, riflettendo su come si entra e come si esce dalla trama di un racconto, sempre lavorando con precisione sul linguaggio, il nostro «ethos naturale». Questo volume, curato da Enzo Rammairone sulla base dei materiali conservati nell’archivio dello scrittore dopo la sua morte, appronta una scelta di testi, la prima parte dedicata ad alcuni autori prediletti come Conrad, Primo Levi, Calvino, Svevo, Bernhard e Stevenson, la seconda all’atto del narrare.”
Ingeborg Bachmann, Invocazione all’Orsa Maggiore, Adelphi. Edizione con testo a fronte a cura di Luigi Reitani.
”Nell’agosto 1956, in vista della pubblicazione di questa raccolta poetica, destinata a diventare celebre, Ingeborg Bachmann scriveva al redattore che si stava occupando del volume: «Sarei grata se nel risvolto non si desse la possibilità ai critici di “inchiodarmi” a un’interpretazione anticipata o simili». Le preoccupazioni dell’autrice non erano infondate, e difatti non mancò chi cercò di ricondurre Invocazione all’Orsa Maggiore agli schemi della critica letteraria dell’epoca. Tentativi peregrini, perché davvero nessuna categoria poteva attagliarsi alla poesia di quella giovane austriaca che già con la precedente raccolta si era imposta, nelle parole dello «Spiegel», come «la più importante poetessa tedesca del dopoguerra». Una poesia multiforme, cangiante, dove classico e moderno si fondono in versi ora audaci e spigolosi ora di chiara musicalità, e lo sguardo della Bachmann si mostra attento a cogliere la violenza della realtà e il dolore, in particolare nei paesaggi italiani, luminosi e arcaici, feriti e vitali, lontanissimi dai cliché della tradizione classico-romantica: «Nel mio paese primogenito, nel sud / mi assalì la vipera / e nella luce l’orrore». Un dolore che dev’essere accettato, reso concreto, se vogliamo superare i confini che ci vengono imposti e tendere all’impossibile, all’irraggiungibile, «sia esso l’amore, la libertà o qualsiasi entità pura». Se vogliamo diventare vedenti, sensibili al vero, il che implica smascherare le parole della frode, gli abusi di cui sono portatrici, affidandoci al linguaggio salvifico della poesia: «Vieni, grazia di suono e di fiato, / fortifica questa bocca, / quando la sua debolezza / ci atterrisce e frena. // Vieni e non ti negare, / poiché noi siamo in lotta con tanto male».”
Varie ed eventuali.
Un pezzo su Nona Fernandez in occasione del 50° anniversario del golpe cileno.
Un podcast in portoghese dal titolo: Palestina, storia di un paese occupato. (Ho scoperto questo podcast tramite una newsletter a cui però non riesco a risalire, scusate se non cito la fonte).
Gabriela Wiener Does Not Care if You Don’t See Her Writing as Literature. Sul NYT.
Cassandro, “il film diretto da Roger Ross Williams basato sulla storia vera di Saúl Armendáriz, la drag queen che è diventata una stella del wrestling messicano sfidando l’omofobia e il maschilismo.” Via Sudamericana (Internazionale), su Prime.
Un articolo sull’Hearst Castel, un posto abbastanza matto in California di cui parla anche Joan Didion in Perché scrivo. Sul Saturday Evening Post.
Where to start with: Jon Fosse.
I dieci migliori romanzi sudamericani del decennio, secondo Librotea.
In Florida è stato arrestato l’ex ufficiale cileno Pedro Barrientos, accusato dell’omicidio del cantautore Victor Jara nel 1973. Su Il Post.
La forma del podcast, un pezzo di Pietro Minto su Link Idee per la Tv.
La Feria de Frankfurt cancela la entrega de un premio a una escritora palestina. Su El Diario. La scrittrice è Adania Shibli, autrice - tra gli altri - di Un dettaglio minore (La nave di Teseo). Stasera, alla libreria Alaska, una maratona di lettura proprio de Un dettaglio minore.
Il movimento migratorio del Sudamerica. (Via Internazionale)
Una poesia di Carmen Maria Machado. Sul New Yorker.
Cinque domande a…
Andrea Coccia ha fatto molte cose. Ha fondato riviste e scritto libri, io ci ho anche bevuto diverse birre insieme e guardato alcune partite dei mondiali. Andrea è, insomma, un amico e lo ringrazio per aver risposto alle cinque domande di AdS con un preavviso ridicolo.
1. Qual è il ricordo più bello che hai da quando lavori in editoria?
Dal 2004 ho partecipato alla fondazione di quattro riviste (El Aleph, L'antitempo, Slow News e la Revue Dessineé Italia) e ho scritto tre libri (I giorni più lunghi del secolo breve, Contro l'automobile e Chi ha rubato la marmellata?). Di bei ricordi, quindi, ne ho accumulati parecchi, per fortuna. Forse, se proprio devo scegliere, direi che il più bello è il più assurdo, ovvero la serata del 13 settembre 2013, quando con i miei soci dell'Antitempo ricevemmo il premio di Satira a Forte dei Marmi dalle mani Serena Dandini. Tra i premiati c'era anche uno dei miei miti di sempre - Sergio Staino - e la serata fu una di quelle che metti tra le serate più incredibili di tutta la vita. Fu tanto incredibile che non posso raccontare molto di più in pubblico, se sei curiosa entro nei dettagli la prossima volta che ci beviamo una birra.
2. Qual è il progetto a cui hai lavorato che ami di più? E perché?
Negli ultimi vent'anni ne ho fatti veramente troppi per poter scegliere uno preferito. La verità è che ognuno è come un figlio: ci ho investito tempo, passione, fatica e gli ho riversato sopra una valanga d'amore. E tra i propri figli come si può scegliere uno preferito? Quindi la risposta è tutti. Li ho amati e li amo tutti visceralmente e ho dato e do tutto me stesso, per tutti.
3. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Mi ricordo le lettere di plastica giganti con cui ho imparato a leggere da piccolo, ma anche l'imbarazzo e il senso di solitudine ad essere l'unico in prima elementare a saper già leggere. Di quell'anno mi ricordo le serie del Battello a Vapore che mi leggevo uno dopo l'altro. Ma forse il ricordo più nitido e potente che ho con un libro è legato a una influenza: avrò avuto 6-7 anni e durante i tre o quattro giorni in cui rimasi a casa con la febbre alta, lessi una vecchissima edizione dell'Isola misteriosa, un'edizione rilegata, enorme e bellissima. Aveva una copertina rigida blu ruvida e delle illustrazioni incredibili per ogni capitolo. Fu un viaggio pazzesco. Credo che sia iniziata lì la mia passione per la lettura.
4. Che libro stai leggendo in questo momento?
Purtroppo sono un lettore disordinato, leggo un solo libro alla volta solo durante i viaggi per evidenti motivi logistici. Ora sul comodino ne ho quattro che sto leggendo: Misery di Stephen King, Bullshit Jobs di David Graeber, il secondo volume dell'Antimeridiano di Luciano Bianciardi, Realismo capitalista di Mark Fisher, che rileggo di tanto in tanto e In principio era Chat GPT, un libro scritto da Mafe de Baggis e dal mio socio di Slow News Alberto Puliafito.
5. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
La fuga precipitosa è un'immagine che mi ha sempre accompagnato, me la sono sognata centinaia di volte per tanti anni. e anche se non è un incendio, il concetto è uguale: devi lasciare tutto e puoi portare via un libro solo. Devo dire che negli anni quel libro è cambiato parecchie volte: è stato La morale anarchica di Kropotnik, Finzioni di Borges, Guerra di guerriglia di Ernesto Guevara, poi la Vita Agra di Bianciardi, il Vagabondo delle stelle di Jack London. Probabilmente, quindi, se me lo chiedi cento volte ti direi 100 libri diversi. Oggi ti dico Le altre inquisizioni di Borges. A proposito, ora me lo vado a prendere dalla libreria ché mi è venuta voglia di rileggerlo.
Un link.
Indovina il film (via Una cosa al giorno). Con me non ha funzionato, ma forse so spiegare io male i film.
Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando Playing Robots into Heaven, il nuovo (bellissimo) album di James Blake.
Abbiamo finito anche questa volta.
Se avete qualcosa da dirmi potete rispondere a questa mail.
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Occhio alla gola, ci sono i colpi d’aria.
Alla prossima!
Silvia