Autostrada del sud #39 - Capire settembre (cit.)
Ciao, questa è Autostrada del sud, la newsletter che si è fatta delle vacanze con i fiocchi e ora è pronta a tornare a scuola. Come state? Avete passato una bella estate? Avete letto libri belli? Io sono stata molto bene: ho letto, scritto, editato, camminato, bevuto vino a volte scadente ma con molta felicità, visto un’installazione pazzesca di Hicam Berrada alla fondazione Pinault e imparato che accendino in francese si dice briquet.
Una piccola comunicazione: a giugno ho aperto una pagina IG che si chiama Libri su Maps e dove finalmente posso sfogare la mia grande passione: trovare i luoghi dei libri su Google Maps. Da domani si ritorna a postare dopo la pausa estiva. Se vi interessa e volete seguire, prego, da questa parte.
Apriamo le danze.
Alcuni libri letti quest’estate.
Vincenzo Latronico, La chiave di Berlino, Einaudi.
Vincenzo è un carissimo amico, quindi potrei essere di parte. La verità è che non lo sono e questo è un libro che ho amato molto. È il racconto sulla città in cui si è trasferito a vent’anni, senza un motivo reale, se non quello che Berlino era il luogo in cui essere giovani, in cui c’era spazio da riempire e spazio per costruirsi. Parla della città e parla di sé nella città, in un modo mai stucchevole né stereotipato (e quanto è facile farlo con Berlino) e che ne restituisce una complessità sfaccettata e affascinante. Spazi e gentrificazione, mercati immobiliari impazziti e modi di trovarsi, un po’ per volta e a tentativi, arte contemporanea e Google Maps, ma anche racconti storici e ricerche, aneddoti e rimandi letterari. Una chicca. Esce domani.
Claudia Apablaza, Storia della mia lingua, Edicola. Traduzione di Marta Rota Núñez.
Una donna che lavora nel mondo dell’editoria si trasferisce dal Sudamerica a Madrid. Ha alcuni problemi ai denti e lo studio odontoiatrico a cui si rivolge la informa che nascono dal modo errato in cui ha usato la lingua fino a quel momento, suggerendo nuovi modi per usarla. Da qui partono una serie di deviazioni, piccoli testi, ricordi d’infanzia e aneddoti di vita quotidiani che mescolano riflessioni su lingua e Lingua, le radici e migrazione, la necessità di comunicare e - a volte - l’impossibilità di farlo per davvero.
George Perec, Un uomo che dorme, Quodlibet. Traduzione di Jean Talon.
Cosa succede se una mattina uno studente, anziché andare a fare un esame, decide di non andarci e non fare più niente? Di fatto la trama ridotta all’osso di questo libro è questa e quel che Perec fa nel suo terzo romanzo è questo: raccontare l’educazione all’indifferenza che il protagonista si impone. Provare a non sentire, non desiderare, alzarsi per fare una passeggiata, leggere il giornale, fumare una sigaretta, senza alcun sentimento, che sia d’amore o di risentimento. Fuori, Parigi che si muove, che vive al suo meglio, che non si ferma. Un piccolo capolavoro.
In uscita o da recuperare
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel e altri scritti, La Tartaruga. A cura di Annarosa Buttarelli.
Non so voi (ma immagino molt* di voi), io ho letto Sputiamo su Hegel su un pdf che probabilmente è passato da ottocentomila caselle di posta. Qualcun* a un certo punto, vista la fatica, se non l’impossibilità, di trovarlo in libreria, nelle bancarelle e pure nei circoli collettivi, si era pres* la briga di scansionarlo, farci un pdf e far partire una catena lunga anni e che da domani può smettere di esistere. La Tartaruga, casa editrice storica in passato diretta da Laura Lepetit e oggi da Claudia Durastanti, inaugura la ripubblicazione di tutti gli scritti di Lonzi a partire proprio da Sputiamo su Hegel. È un momento importante, perché un libro importante può tornare nelle mani di tutt*, a un prezzo accessibile, con una facilità di reperimento che negli ultimi vent’anni ci eravamo scordat*. Grazie quindi a Claudia e tutta la casa editrice, oggi è un giorno che stavamo aspettando.
“È impossibile immaginare la storia del femminismo senza Carla Lonzi: grazie alla sua visione e al suo pensiero, è riuscita a cambiare il linguaggio con cui le donne parlano di loro stesse, della loro sessualità e dei loro desideri. Prendendo la parola per sé stessa, Carla Lonzi ha saputo darla alle donne che aveva attorno e che sono venute a contatto con i suoi scritti, in Italia e nel mondo: la pubblicazione di Sputiamo su Hegel nel 1970, insieme al collettivo femminista di Rivolta Femminile, è stata una vera e propria bomba nella società italiana reduce dalla contestazione culturale del Sessantotto ma ancora profondamente patriarcale. Insoddisfatta dalla cultura marxista che lasciava poco spazio all’autocoscienza femminile, Carla Lonzi ha deciso di dare spazio alla vita vissuta dalle donne nel quotidiano, nei rapporti con gli altri, in ogni ambito dell’esistenza, e lo ha fatto con un rigore e un’attenzione pieni di ferocia ma anche di amore. I riverberi di quell’esplosione si sentono ancora oggi: Carla Lonzi continua a essere amata, letta e discussa, e a generare nuovi filoni di pensiero. Questo la rende una delle pensatrici più radicali e vive che abbiamo la fortuna di leggere, al di là di qualsiasi geografia e ordine di tempo.”
Maurizio Fiorino, Autoritratto newyorkese, E/O.
”New York, 2008. Il ventitreenne protagonista ha lasciato l’Italia, per andare all’estero a studiare fotografia. Per sbarcare il lunario fa il go-go boy nei locali notturni di Alphabet City e il modello di nudo per artisti di second’ordine, trascorrendo gran parte del suo tempo libero su Craigslist alla ricerca di stanze in affitto e di sesso usa-e-getta. È lì che incontra Louis, detto Lou, uno sregolato che passa le sue giornate in una casetta costruita su un albero, fuori città, leggendo libri fantasy. I due, dopo un’incostante e fugace frequentazione, decidono di andare a vivere insieme e mentre tentano di far quadrare i conti con i loro sogni e i rispettivi disincanti, tirano a campare alla bell’e meglio: Lou trovando lavoro in un bizzarro solarium aperto ventiquattr’ore al giorno, il protagonista in una pizzeria italiana. Imprigionata in un’oscura e autodistruttiva ossessione reciproca, la loro diventa una storia fatta di furti in giro per i supermercati di Manhattan e di notti insonni, di pericolosi giochi d’azzardo e marchette, di pugni in faccia e diner che, in assenza di posti dove sfogare le ultime frenesie notturne, si trasformano in parcheggi dell’anima. L’esito, irrimediabilmente devastante, sembra suggerirci l’idea che bisogna precipitare nell’abisso più profondo per venire a patti con la propria integrità.”
Guadalupe Nettel, La vita altrove, La Nuova Frontiera. Traduzione di Federica Niola.
”All’improvviso, quando meno se lo aspettano, i protagonisti di questo libro si ritrovano scacciati dalla loro vita. A volte è per ragioni di cuore o di lavoro, altre di famiglia o climatiche, spesso semplicemente per caso, ma il risultato è sempre lo stesso: la realtà viene drasticamente messa sottosopra e loro sono costretti ad adattarsi a circostanze inaspettate, a navigare senza bussola in acque sconosciute. Un’adolescente incontra in ospedale un parente che si era allontanato e scopre un segreto che la riguarda; in piena crisi professionale, un attore ruba la vita di un rinomato regista teatrale; un orfano, spinto dalla compassione, organizza l’incontro tra uno sconosciuto e sua madre senza immaginare che in realtà lo sta portando alla rovina; un uomo scopre una misteriosa porticina rosa vicino casa e, da quel momento, il suo matrimonio cambia irrimediabilmente. Anche la famiglia con le sue logiche spesso sfuggenti, i suoi piccoli e grandi tradimenti, i suoi segreti e le aspettative, è una costante di queste nove racconti. Come pure il mondo animale e quello vegetale che, in un continuo dialogo, fa da contraltare a quello degli umani.”
Susan Sontag, Sotto il segno di Saturno, Nottetempo. Traduzione di Paolo Dilonardo.
”Sotto il segno di Saturno raccoglie alcuni tra i più brillanti saggi pubblicati da Susan Sontag negli anni Settanta. In quest'affascinante galleria critica di grandi melanconici della letteratura e dell'arte, Sontag delinea con acutezza i tratti febbrili e le apatie, le provocazioni e le risacche, le tenaci ossessioni e i piaceri stravaganti che innervano le opere di alcuni autori chiave della modernità, maestri di sensibilità estetica talmente singolari da non avere allievi: Antonin Artaud, Walter Benjamin, Elias Canetti, Roland Barthes, Paul Goodman, Hans-Jurgen Syberberg. Ognuno di loro è a suo modo sovversivo e inquieto, pungolato dal tempo in dissoluzione e da un appetito insaziabile per le parole, le immagini, le passioni della mente, le trasgressioni del senso comune, le classificazioni eccentriche, le collezioni e i repertori - con un gusto ansioso e liberatorio per l'accumulazione e la decifrazione di libri, figure, memorabilia privati, pensieri e metapensieri. In controluce, questi ritratti di minuziosi, caparbi esploratori della conoscenza e della coscienza appaiono come autoritratti mascherati della stessa Sontag - che, da un punto di vista in questo caso oppositivo, non teme di ritornare sui propri passi come ha fatto spesso nella sua vita, per smontare il fascino camp di Leni Riefenstahl definendolo fascista.”
Camila Sosa Villada, Sono una pazza a volere te, Sur. Traduzione di Giulia Zavagna.
”L’immaginario rigoglioso e multiforme di Camila Sosa Villada torna in nove racconti in perfetto equilibrio fra realtà e magia, fra amore e terrore, fra desiderio e lotta. Nove storie di ultimi, abitate da personaggi stravaganti ma incredibilmente umani, costretti a confrontarsi con un mondo spesso impietoso: vittime di violenza, di discriminazione, del neoliberalismo sfrenato, eppure sempre aperte al confronto, alla solidarietà, alla vita. Una donna che si guadagna da vivere facendo la parte della fidanzata di uomini gay, una nonna che considera la merenda un addestramento alla vita, una famiglia che tenta goffamente di ricomporsi dopo l’abbandono della madre, due parrucchiere trans strabiliate dall’incontro con Billie Holiday in una fumeria di Harlem. Che il punto di vista sia maschile o femminile, che la storia sia ambientata negli anni Novanta, in un passato coloniale o in un presente distopico, in Argentina, in Messico o negli Stati Uniti, Sosa Villada si conferma un’autrice dallo stile unico, audace, e dalla versatilità non comune, capace di affrontare con serietà e insieme un filo di leggerezza i temi più urgenti del nostro tempo.”
Marta Ciccolari Micaldi, Sparire qui, Rizzoli.
”C’è una linea che unisce la vita di una donna nei suoi trent’anni a quella di un Paese lontano, immenso e controverso: gli Stati Uniti d’America. Questa linea attraversa metropoli, deserti, oceani e angoli di provincia e disegna mappe, ritratti, situazioni, incontri: disegna storie personali e collettive di un territorio e di un tempo che rifiutano comode definizioni e si rivelano nella loro complessità, nella dolcezza che ha bisogno della crudeltà, nella bellezza che non può stare senza l’ingiustizia. Dai campi di grano di David Foster Wallace del Midwest al confine con il Messico, dal New Jersey alle paludi della Louisiana di True Detective, dai grattacieli di New York alle strade di Los Angeles di Joan Didion, dal Texas che, come suggerisce Cormac McCarthy, custodisce “il segreto del mondo” alle vette del Colorado, questo libro è un’immersione in quell’America così familiare e al tempo stesso sconosciuta, che nutre i nostri sogni e dà forma ai nostri incubi. E il racconto di luoghi e momenti della società e della storia contemporanea statunitense che, nonostante si rispecchino spesso nella letteratura, arrivano sulla pagina in tutta la loro realtà. Ma è anche la storia di come quella donna ha ritrovato il suo personalissimo “sogno americano” nell’incontro con persone sconosciute, nel confronto con risvolti dell’attualità, nell’esplorazione di luoghi remoti e nel dialogo con i personaggi dei libri.”
Varie ed eventuali
Il 10 settembre alle 18.30, alla libreria Tempo Ritrovato di Milano, avrò il piacere di chiacchierare con Cynthia Rimsky, autrice cilena incredibile, e del suo ultimo libro pubblicato in Italia da Edicola Ediciones, Yomurì. Venite?
Il 4 ottobre sarò a Roma dove terrò quattro ore di lezione all’Italian Design Institute sul Podcast narrativo. Non so se ci siano ancora posti disponibili, potete chiedere info ai numeri presenti nel link se siete interessat* a un corso in original podcast: progettazione e audio storytelling.
L’8 e il 9 ottobre volo ad Alghero per il Festival Dall’altra parte del mare, in particolar modo per Tra una sponda e un’altra, la sezione dedicata alla letteratura in lingua spagnola. Dialogherò con un’altra autrice cilena, tra le più importanti della sua generazione, e sono molto emozionata. Il programma completo uscirà presto, tenete d’occhio il sito! Chi volesse rileggere il pezzo che ho scritto sulla letteratura cilena e la memoria, può farlo QUI. Dopo l’evento andiamo a fare un bagnetto a Porto Ferro.
L’hip hop (genere che amo follemente) ha compiuto cinquant’anni. Un pezzo del Washington Post che è un capolavoro (da leggere, guardare e ascoltare).
L’arte di chiedere scusa. Su Internazionale.
Raramente, nella mia bolla, ho visto un pezzo che ha polarizzato le opinioni come questo: capolavoro vs machecazzostaiaddì. Un genere tutto per sé, Paul B. Preciado su Internazionale.
Questo pezzo è uscito il 15 agosto e io l’ho letto quindici giorni dopo. Ha un senso. La gioia di vivere senza essere sul pezzo. Su Rivista Studio.
Swinging on a Star, Margo Jefferson’s memoir of homage and self-creation. Su Bookforum.
Abbiamo tutt* visto Passage? Una recensione su Rolling Stone.
2084: il festival di Belleville. Tra poche settimane a Milano.
Cinque domande a…
(foto di Alberto Cocchi)
Oggi l’intervistato è il mio migliore amico. Non lo è sempre stato. Ci siamo conosciuti nel 2011 perché grazie ad Andrea Sesta (mitico autore di Giovedì Meme) entrai in quel gran gruppo che era Finzioni, la rivista letteraria che Jacopo aveva fondato con Carlo Zuffa. Finzioni ha fatto molta strada e poi ha chiuso, perché bisogna sempre sapere quando è ora di finirla. Io e Jacopo invece siamo diventati amici e oggi ha deciso gentilmente di rispondere alle mie domande. Jacopo ha fondato Finzioni, ha scritto storie per Topolino, ha recensito libri, ha scritto approfondimenti, ha fatto l’agente di comici, il produttore, il podcaster e ha pure scritto due libri. Il primo si intitola Massimo Ranieri - Le rose non si usano più, edito ADD, il secondo L’animale che ride, edito Harper Collins. Un podcast si chiama The Season, fatto con Dario Vismara per Storie Libere (parla di NBA, di un’annata particolare, è bellissimo), mentre quello che sta facendo ora con Giulio D’antona si chiama Kinghiana, è su Stephen King (prodotto da Mondadori Studios) e Jacopo è rimasto il mio amico del cuore anche quando gli ho detto che non ho mai letto niente di King, una vera prova d’amicizia.
1. Qual è il ricordo più bello che hai da quanto bazzichi il mondo dell’editoria?
Questa è una domanda paradossale, un paradosso che condivido con te e con moltissimi altri: i ricordi più belli legati all’editoria sono quelli che non ricordo, perché avevo bevuto troppo. Tipo una festa all’Hiroshima Mon Amour di Torino forse nel 2012, o una certa notte al bar Laso di piazza Broletto a Mantova durante il Festivaletteratura, o tutte le puntate del fortunato format “Molte birre con...”, o qualsiasi giornata dopo le 17 alla Grande Invasione di Ivrea. No, dai, dopo le 12. Provando però a parlare di cose più serie, ho un ricordo bellissimo e molto tenero, nonostante il personaggio coinvolto, di Andrea G. Pinketts, per me superiore a molti e pari a chiunque, che durante la presentazione di un libro che avevo scritto intervenne senza essere sollecitato, lesse alcuni brani con mano tremante, mi guardò e disse: «suvvia, “Jacopo Cirillo” è evidentemente un nome d’arte». E poi se ne andò, lasciandomi gongolante.
2. Qual è la cosa che hai fatto che ami di più? E perché?
La cosa che ho fatto e che amo di più è Finzioni, che tu conosci bene essendo stata la boss di Finzioni. Ma non l’inserto di Domani eh, proprio Finzioni quello vero, dapprima rivista cartacea e poi sito online in cui parlavamo di libri e letture un po’ come ci pareva. Tutto quello che sono e tutto quello che so e che ho lo devo a quel progetto, insieme a un sacco di persone che si trovavano e si trovano ancora molto bene insieme. La cosa non letteraria che ho fatto e che amo di più invece è anche una cosa talmente di nicchia e talmente da nerd da contenere in se stessa i germi della sua irrilevanza: The Season un podcast sulla stagione NBA 1993/1994 condotto insieme a Dario Vismara e raccontato come se fossimo nel 1993, seguendola dunque mese dopo mese, facendo finta di non sapere cosa sarebbe successo dopo, o chi avrebbe vinto il titolo, e telefonandoci con il Sirio. A un certo punto siamo riusciti a tirare in mezzo in questa cazzata anche Dikembe Mutombo in persona, non si capiva molto quando parlava ma rideva sempre.
3. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Questo lo ricordo bene perché se chiudo gli occhi mi figuro ancora perfettamente la faccia di mio babbo che, dopo l’accadimento che andrò a raccontare, faceva no no con la testa e parlava preoccupato con mia mamma a bassa voce nell’altra stanza. Avevo otto o nove anni, ero in vacanza con i miei e i nonni a Cervia e mio babbo un pomeriggio mi diede mille lire per andare in sala giochi. Mille lire, cinque gettoni da 200 lire, cinque partite a Street Fighter, che magari lo finisco pure con Dhalsim. Sulla strada verso il divertimento, mi fermai a una bancarella che, tra le altre cose, vendeva anche i libri in edizione economica, quei Superclassici Bur a mille lire con la copertina azzurra. Tra le tante copertine mi soffermai su quella de Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, non so bene perché, e decisi di investire lì tutti i miei averi. Dopo tornai subito a casa per leggerlo, e ho proprio l’immagine del salotto della casa in affitto al mare, molto decadente, con le tende tirate giù e la luce del pomeriggio che non riusciva a illuminare bene la stanza, e io sulla poltrona che iniziavo qualcosa che già non riuscivo a capire, con l’incipit: Lo studio era pieno dell’odore intenso delle rose, e quando il venticello estivo passava tra gli alberi del giardino, penetrava dalla porta aperta il profumo greve del glicine o la fragranza più delicata del biancospino. Dall’angolo del divano di cuscini persiani sul quale stava disteso, fumando, com’era sua abitudine, numerose sigarette, Lord Henry Wotton poteva appena intravedere lo splendore dei fiori di citiso, che hanno la dolcezza e il colore del miele.
Anche mio babbo si fumava delle gran paglie come Lord Henry, ma quando provai a caricarlo con questa cosa mi rispose con un sospiro e andò di là.
4. Che libro stai leggendo in questo momento?
In questo momento sto rileggendo Doctor Sleep di Stephen King, che sarà l’argomento della puntata di ottobre del podcast Kinghiana. Doctor Sleep è il seguito di Shining, e il piccolo Danny Torrance è diventato grande, così come la sua luccicanza. Gran romanzo, con un personaggio, Rose Cilindro, che fa molta paura. E poi sto leggendo l’illuminante Storia della merda di Dominique Laporte.
5. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
Senza pensarci nemmeno un attimo porto con me Finzioni di Jorge Luis Borges. Scelgo quello perché ho l’impressione che Borges, ahilui, sia sempre stato costretto a scrivere, obbligato a raccontarci il bordo esterno dell’universo sporcandolo attraverso la scrittura. Sarebbe stato meglio conoscerlo telepaticamente, o in qualche biblioteca infinita, o nell’Aleph, ma la nostra finitezza ci costringe a leggerlo su pagina. E se la mia libreria sta andando a fuoco, mi sembra saggio scegliere l’unico libro che è tale suo malgrado.
(L’avete mai vista l’intervista a Borges di Arbasino? QUI)
Una parola.
Pipistrello - [pi-pi-strèl-lo]. Nome comune dell’ordine dei chirotteri, che include più di 1000 specie. Dal latino [vespertillum], derivato da [vesper], sera.
Un link.
L’ora delle canzoni. Via Una cosa al giorno.
Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando AIM di M.I.A.
Anche questa volta, eccoci alla fine.
Grazie per aver letto fino a qui. Se volete dirmi qualcosa potete rispondere a questa mail, oppure mi trovate su Instagram e Twitter.
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Silvia