Autostrada del sud #37 - Fiorire
Ciao, questa è Autostrada del Sud, la newsletter che vola a un metro da terra e non sta leggendo quasi niente. La primavera è arrivata, le giornate sono lunghissime, la luce è cambiata e mi sento cambiata anche io. Alcune cose che avevano molta della mia attenzione, negli ultimi mesi non l’hanno avuta più; alcune cose che ritenevo poco importanti si sono prese spazio. Io mi sono ritrovata nel mezzo, a fare programmi, a scoprire luoghi di Milano che non conoscevo, a guardare tramonti, a comprare i biglietti per le vacanze estive, a rallentare i ritmi, a cambiare prospettiva.
Voi come state?
Iniziamo.
📚 Alcuni libri letti.
Djamila Ribero, Piccolo manuale antirazzista e femminista, Capovolte. Traduzione di Francesca De Rosa. Prefazione di Igiaba Scego.
Dopo aver scritto un articolo per Valori.it su Capovolte, sono passata da Bookpride a conoscere di persona Ilaria Leccardi, che avevo solo sentito telefonicamente. Mi ha regalato questo libricino che ho divorato in due viaggi in metropolitana e che in Brasile è stato un vero e proprio caso letterario, rimanendo per 100 settimane nella classifica dei libri più venduti. “Dieci lezioni brevi per comprendere le origini del razzismo e combatterlo. Dalla necessità di riconoscere il privilegio bianco, alla violenza razziale, Djamila Ribeiro delinea un percorso di critica e consapevolezza, per offrire nuovi spunti di riflessione e nuovi strumenti a chi voglia approfondire la propria percezione del razzismo e assumersi la responsabilità di trasformare il presente.”
AA.VV., Viaggi nel tempo, Einaudi. A cura di Fabrizio Farina.
Tema che mi interessa da tempo, ho recuperato questo libro in biblioteca per un racconto che sto scrivendo. Volevo capire come fossero stati trattati in letteratura e questo mi pareva un compendio perfetto. Undici racconti che parlano dell’unico viaggio che l’uomo non è ancora riuscito a fare: quello attraverso il tempo.
🔮 In uscita o da recuperare.
Sara Gallardo, I levrieri, i levrieri, Gran Via. Traduzione di Sara Papini.
”Julián, giovane avvocato, alla morte del padre eredita un terreno e un rancho, “Las Zanjas”, lontano da Buenos Aires. Da sempre incapace di adattarsi a una famiglia borghese e classista, il giovane accoglie il lascito con stupore e gioia e si improvvisa moderno proprietario terriero, esperienza che condivide con l’amata Lisa, una pittrice, vivendo appieno un rapporto che sembra non trovare spazio nell’ambiente in cui Julián si muove quotidianamente. A Las Zanjas, con la compagnia dei levrieri Corsario e Chispa, lui e Lisa costruiscono una casa, piantano alberi, avviano un allevamento, gioiscono delle piccole cose, sono felici e si amano senza sapere che il male capace di buttare all’aria gli amori non si aggira fuori ma si annida dentro di loro. Malinconico e indolente, Julián lotta in un mondo che sembra non avere posto per lui, mentre l’influenza della famiglia diventa un peso che inaridisce ogni suo slancio e sentimento, e intanto il tempo vola via veloce, come gli amati levrieri.”
Tove Ditlevsen, Dipendenza, Fazi. Traduzione di Alessandro Storti.
”Dopo Infanzia e Gioventù, ecco il terzo capitolo dell’acclamata trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, che chiude in bellezza la sua opera autobiografica toccando vette d’intensità ancora mai raggiunte. Tove ha soltanto vent’anni, ma è già una poetessa conosciuta, sta scrivendo il suo primo romanzo ed è la moglie di un editore molto più grande di lei. Il suo cammino nella vita sembra indirizzato verso la felicità, eppure qualcosa scricchiola: a pensarci bene, suo marito non l’ha mai presa tra le braccia; la notte dorme sul divano perché lui non è disposto a condividere il letto e a colazione non può rivolgergli la parola mentre lui legge il giornale. La prima esperienza matrimoniale non è certo idilliaca, ma la giovane non ha idea delle battaglie che ancora l’aspettano: relazioni amorose tormentate, fallimenti artistici, gravidanze indesiderate. Soprattutto, però, l’uomo davvero sbagliato non ha ancora incrociato la sua strada. Dal momento in cui lo farà, niente sarà più come prima: mano nella mano, quest’individuo subdolo la trascinerà in un baratro profondo, dal quale sarà molto difficile riemergere. Con il passare degli anni, la tensione centrale della vita di Tove viene dolorosamente messa a fuoco: il terribile richiamo della dipendenza, in tutte le sue forme. Considerato il capolavoro dell’autrice, Dipendenza completa l’indimenticabile, bruciante ritratto del viaggio di una donna attraverso l’amore, l’amicizia, l’ambizione.”
Beatrice Salvioni, La Malnata, Einaudi.
”Monza, marzo 1936: sulla riva del Lambro, due ragazzine cercano di nascondere il cadavere di un uomo che ha appuntata sulla camicia una spilla con il fascio e il tricolore. Sono sconvolte e semisvestite. È Francesca a raccontare in prima persona la storia che le ha condotte fino a lì. Dodicenne perbene di famiglia borghese, ogni giorno spia dal ponte una ragazza che gioca assieme ai maschi nel fiume, con i piedi nudi e la gonna sollevata, le gambe graffiate e sporche di fango. Sogna di diventare sua amica, nonostante tutti in città la considerino una che scaglia maledizioni, e la disprezzino chiamandola Malnata. Ma quella sua aria decisa, l’aria di una che non ha paura di niente, la affascina. Sarà il furto delle ciliegie, la sua prima bugia, a farle diventare amiche. Sullo sfondo della guerra di Abissinia, del dolore per la perdita e degli scompigli dell’adolescenza, Francesca impara con lei a denunciare la sopraffazione e l’abuso di potere, soprattutto quello maschile, nonostante la riprovazione della comunità.” (Esordio, nel momento in cui scrivo è primo in classifica in Italia. Una cosa abbastanza sbalorditiva).
Giorgia Bernardini, Area Piccola, Marsilio.
”Chris è una ragazza che ha trovato nel basket un modo per farsi amare. Dal pubblico, dalle compagne di squadra, e dall’allenatore. Chris, nel gioco, cerca rassicurazioni: essere la più forte, essere la più talentuosa. Non vuole medaglie o convocazioni, ma essere vista. E lo vuole perché il successo le consenta, mentre è ancora adolescente, di essere vista da sua madre così che torni a casa e, da adulta, di stare bene insieme alle compagne di squadra e all’allenatore con il quale condivide il campo e l’amore. Chris si sente esclusa dal mondo e di fatto vive dentro un campo da basket da quando la madre se n’è andata. E in quel campo sa di essere protetta, e sa che la squadra è il sostegno di tutte le sue mancanze. Le ragazze sono state lì quando la madre non c’era, e continueranno a esserci perché l’hanno scelta come leader, nonostante le sue imperfezioni.”
Layla Martínez, Il tarlo, La nuova frontiera. Traduzione di Gina Maneri.
”Le case trattengono le storie di chi le ha abitate. In questa, le pareti, che si restringono e si dilatano come i polmoni di un grande animale ansimante, custodiscono entità, sparizioni e voci che affiorano dai letti. Ed è lì che torna una giovane donna, dopo essere stata trattenuta dalla polizia per un interrogatorio. Ritrova l’anziana nonna, in un mondo di poveri che ora si ritrovano davanti a quella porta in cerca di un aiuto da parte dei santi e delle ombre che affollano la casa. I vicini, di giorno, si tengono alla larga. Ma di notte, al riparo da sguardi indiscreti, accorrono. Ma quel tremendo delitto non è che l’ultimo di una lunga catena di vendette causate da una serie di ingiustizie le cui radici sono da cercare in un passato lontano. Con una tensione crescente Il tarlo ci immerge in una realtà oscura, a volte spaventosa, per raccontarci una storia di rancore sociale sedimentato, di violenza di genere e di classe.”
🍿 Varie ed eventuali.
“The Voice of a Generation: The Trope of the "Complex Female Character" (Via Mutande del lunedì)
Come ripensare il mondo, un’intervista a Franco Farinelli di Valentina Pigmei.
El ciclismo urbano en América Latina: una ruta larga por recorrer.
In Colombia sulle traccia di Gabriel Garcia Marquez: un pezzo su Minima et Moralia.
La seconda edizione di Multipli Forti - Voices from Contemporary Italian Literature, a New York.
I primi podcast di Mondadori Studios.
💬 Cinque domande a…
Pier Franco è un amico e lo specifico subito così non mi tacciano di favoritismi (che poi il favore lo sta facendo lui a me, ovviamente). È una persona che mi fa molto ridere e molto riflettere, con cui sono stata in un vivaio, ho bevuto Refosco e Merlot, sono stata sul sedile posteriore della sua auto mentre lui guidava nell’hinterland milanese e chiacchieravamo dei nomi matti che hanno i paesi in quella zona. Parliamo spesso di gatti, a volte di cani di piccolissima taglia, mi ha fatto assaggiare per la prima volta il panino con i falafel e in generale è un ragazzo che stimo e a cui voglio bene. È appena uscito il suo nuovo romanzo, edito da Il Saggiatore, che si intitola La Vampa. Tutto qui, ma anche Grazie Pier, a buon rendere. Ecco le sue cinque risposte alle solite cinque domande di AdS.
1. Qual è il ricordo più bello che hai come scrittore?
I ricordi più belli legati alla scrittura sono di due tipi. I momenti in cui realizzi che un disegno si è compiuto, che le linee che stavi tracciando guidato da una specie di forza magnetica hanno composto una figura, anzi, te l’hanno fatta scoprire, e quindi l’opera è lì, l’hai scoperta, come chi camminando verso una meta impossibile arriva, o come chi sorprende una creatura fino a poco prima immaginaria, e attesta la sua esistenza. Il primo libro che ho scritto parla anche di questo. Il secondo tipo di ricordi riguarda invece gli esiti del lavoro compiuto, l’accoglienza che riceve, e quindi certe letture, certi riscontri che sono venuti dopo, da parte di chi è passato per le visioni scritte e le ha abitate a suo modo, con la sua intelligenza e il suo talento artistico. In questo secondo insieme rientrano anche, chiaramente, le espressioni di stima, di affinità, di affetto disinteressato, che faccio finta di no ma mi commuovono sempre.
2. Qual è il libro che hai scritto che ami di più? E perché?
I libri che ho scritto sono composti di tempo, torno a interrogarli spesso e li amo per quanto possono ancora dirmi e per quanto ha significato per me il tempo che contengono. In sintesi direi, sfacciatamente, che li amo tutti, che tanto sono pochi e direi che ciascuno ha ancora, anche guardato a distanza, un valore. O potrei dire, ancora più sfacciatamente, che quello che amo di più sarà il prossimo.
3. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Ricordo un libro di Richard Scarry che mi regalò la fidanzata cecoslovacca di un mio zio. Il libro era in quattro lingue e parlava, con gli animaletti tipici di Scarry, dei mestieri delle persone; mio nonno lo usava per tenermi buono, mi faceva sedere nella sua bottega a ricopiarne le figure, mentre lui faceva la barba ai clienti. Quel libro è un pezzo di memoria e l’ho perso. Mi ricorda quelle ore quiete, la sorveglianza severa e amorosa di mio nonno, le cose che succedevano intorno mentre lavoravo con la matita, e il mio cervello e le mie mani impercettibilmente assorbivano con quelle figure qualcos’altro. Potrei ricomprarlo in una nuova edizione, ma non sarebbe mai lo stesso libro.
4. Che libro stai leggendo in questo momento?
Ne leggo diversi insieme, per diversi motivi, da lettore disparato. Te ne cito quattro: uno di poesia, Augustìn Fernandez Mallo, Io torno sempre ai capezzoli e al punto 7 del tractatus, due romanzi: I reietti dell’altro pianeta di Ursula K. Le Guin, e poi La ricreazione è finita di Ferrari, e un saggio: Postmodernismo ovvero La logica culturale del tardo capitalismo di Frederic Jameson.
5. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
Se sapessi rispondere a questa domanda non impiegherei cosi tanto tempo nel fare la valigia quando viaggio, o quando mi sposto anche per brevi tragitti facendo lo zaino, o anche da un piano e all’altro della casa, o da una stanza all’altra; per cui, di fronte all’eventualità che dici, è molto probabile che fermo di fronte alla libreria a decidere rimarrei a bruciare, o prenderei il primo che capita, giusto per salvarmi.
🏸 Una parola.
Scilicet - [scì-li-cet] - Termine che introduce una parentesi o un inciso – col senso di beninteso, s’intende, cioè.
Voce latina, da [scire licet] ‘si può sapere’.
📎 Un link.
Un giro al Van Gogh Museum.
🥁 Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando New York - Addis - London: The story of Ethio Jazz, di Mulatu Astatke.
Grazie per aver letto fino a qui.
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Ricordatevi di iniziare a mettere la crema solare e cercate di non usare l’automobile.
A presto!
Silvia