Autostrada del sud #25
Ciao, questa è una nuova puntata di Autostrada del Sud, la newsletter che pensa che gennaio sia lunghissimo, ma sa bene che febbraio è pure peggio, nonostante le apparenze.
Forza e coraggio: arriverà la primavera.
Iniziamo.
Cosa ho letto.
Miguel Bonnefoy, Eredità, 66thand2nd. Traduzione di Francesca Bonomi.
È il mio primo libro di Bonnefoy, scrittore francese nato da madre venezuelana e padre cileno, e devo dire che dentro c’è tantissimo Sudamerica. Non solo per l’ambientazione (anche se parte del libro è ambientato in Francia), quanto per il modo di raccontare la storia di una famiglia, che seppur con le dovute proporzioni ricorda quello di Cent’anni di solitudine (per il quale c’è anche un bell’omaggio nemmeno troppo nascosto). Ogni capitolo parla di una persona di questo gruppo famigliare, della sua vita e della relazione con gli altri protagonisti; un domino in cui l’ultimo capitolo si lega al successivo con un espediente che se non è originale è sicuramente riuscito. Realismo magico, gabbie di uccelli, aeroplani costruiti con le mani, e un grande filo che lega ogni personaggio: il tradimento. Un libro davvero bello.
Il Post, Cose spiegate bene. Questioni di un certo genere, Iperborea.
Il Post ha iniziato a fare libri, questo lo saprete già. Il primo parlava di libri e di come si fanno; il secondo, questo, di questioni di genere. Mi sono approcciata un po’ scettica, convinta di trovare banalità, invece mi sono dovuta ricredere. Sì, ci sono sicuramente molte cose che già si sanno molto bene, ma il libro contiene approfondimenti scritti da diverse firme e che aggiungono un valore aggiunto al discorso. Per esempio: la storia delle atlete transgender, cosa significa a livello burocratico (spoiler: una menata assurda) cambiare sesso in Italia, la storia dello schwa (altro spoiler: c’entra l’alfabeto ebraico), quando sono nate le parole eterosessualità e omosessualità e - mio pezzo preferito - la storia delle comunità esistenti al mondo in cui uno o più generi diversi sono riconosciuti nella società: le alyha e i hwame del popolo nativo americano Mohave, ma anche le hijra in India e Pakistan e le fa’afafine nelle isole Samoa, solo per citarne alcune.
Cosa ho ascoltato.
Attraverso un codice promozionale ho fatto un abbonamento a Storytel per 5 euro al mese anziché 10. Risultato: mi sono approcciata al magico mondo degli audiolibri e ne ho ascoltato uno mentre andavo a camminare per dare sollievo al mal di schiena che ormai mi accompagna da mesi.
Philip Roth, L’animale morente. Letto da Fabrizio Bentivoglio.
Eh, lo so, ho i miei tempi. Poi devo essere onesta: di Roth ho letto poco, due libri soltanto, che però ho amato moltissimo, ovvero Pastorale americana e Lamento di Portnoy. Ho inaugurato il mio nuovo abbonamento a Storytel ascoltando (a 1.25 perché se no ragazzi si fa notte) L’animale morente, la storia di un professore, David Kepesh, che da trent’anni non ha relazioni stabili e che, insomma, cavalca l’onda dell’emancipazione sessuale per avere storie fugaci in cui però applica una sua personale profondità. Quando però durante un suo corso incontra Consuela Castillo, qualcosa cambia. Inizia un rapporto intenso e fatto di gelosia, di ossessione, che è un modo per Roth per parlare di eros e desiderio, ma anche di maturità, amore e morte. Il libro in Italia è edito da Einaudi e lo trovate QUI.
In uscita o da recuperare.
Marco Peano, Morsi, Bompiani.
A sette anni dall’uscita de L’invenzione della madre, Marco Peano torna con un nuovo romanzo, cambiando editore. La storia è ambientata in un paesino di mezza montagna nel Piemonte dove una ragazzina, Sonia, passa le vacanze di Natale a casa della nonna, una donna “schiva, severa, che nella zona ha fama di guaritrice (ma chissà, forse è altro), per la quale Sonia prova un affetto distante. La scuola ha chiuso prima del previsto a causa di quello che tutti chiamano l’incidente: la professoressa Cardone, acida insegnante di italiano, si è trincerata nella sua aula e durante una lezione – di fronte a una classe segregata e terrorizzata – ha fatto qualcosa di indicibile. (…) Toccherà a Sonia, insieme al suo amico Teo, ragazzino di famiglia contadina educato alla voracità, affrontare l’incubo in cui sono precipitati. Complici per forza, Sonia e Teo si avventurano nel biancore accecante della neve col distacco curioso di chi non ha pregiudizi e forse proprio per questo può sperare nella salvezza.”
Marco Magini, Gli ospiti, Solferino.
“Lui è un giovane italiano, cervello in fuga che ormai da tempo lavora all’estero. Lei è una giovane turca che desidera vivere nel suo Paese. Quando insieme si trasferiscono a Istanbul, sulle prime la vita sembra dolce: certo, ci sono differenze culturali; certo, ci sono situazioni insolite; ma la città appare moderna e occidentale e l’amore è capace di superare ogni divergenza. Ma è il 2011, il regime di Erdogan comincia a serrare la sua morsa, nella società profondamente divisa tra laici e musulmani i semi della violenza stanno già portando frutto. L’inquietudine sfocerà nella rivolta di Gezi Park, che i due protagonisti vivranno in prima persona, ma con stati d’animo ed esiti profondamente e tragicamente diversi. Un romanzo d’amore e di disillusione, che raffigura con sensibilità e spietatezza una generazione, quella dei trentenni, cresciuta nel benessere e nell’individualismo. Una generazione che nella possibilità di fare le rivoluzioni e cambiare le cose non crede più. O forse sì?”
Veronica Raimo, Niente di vero, Einaudi Editore.
A quattro anni da Miden (Mondadori), Veronica Raimo torna in libreria con un romanzo familiare. “All’origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l’impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all’indicibile. In questa storia all’apparenza intima, c’è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell’energia paralizzante che può essere la famiglia, dell’impresa sempre incerta che è il diventare donna.”
Verónica Gago, La potenza femminista o il desiderio di cambiare tutto, Capovolte edizioni. Traduzione di Silvia Stefani.
“Da una delle fondatrici di Ni Una Menos in Argentina e tra le voci più importanti del femminismo a livello internazionale, un testo fondamentale per comprendere la connessione e la potenza delle lotte anti-patriarcali e anti-capitaliste in tutto il mondo, a partire dal Sud Globale. Lo sciopero transfemminista come lente sulla realtà, processo in divenire e strumento di lotta; l’intreccio tra la violenza finanziaria e quella di genere; il corpo come campo di battaglia e la guerra che si gioca contro le donne e i corpi femminilizzati; il contrasto all’avanzata del modello estrattivista di sviluppo; il valore dell’assemblea come dispositivo situato di intelligenza collettiva, il nesso tra genere-razza-classe.”
Varie ed eventuali.
La storia matta dell’italiano che si fregava i manoscritti dei best-seller.
Un pezzo di I Avecedo su Rodolfo Walsh.
MAMMA , MAMMA, C’È CLAUDIA DURASTANTI SULLA PARIS REVIEW! (Versione seria: un’intervista a Claudia Durastanti sulla Paris Review, in occasione dell’uscita americana del suo libro Strangers I know)
Watch a Never-Before-Aired James Baldwin Interview From 1979.
Con gli sconti Adelphi (ancora in corso) ho comprato tre libri, tra cui La lingua salvata di Elias Canetti. Solo che il giorno dopo ne ho ricevuta una copia in regalo, in un pacchetto elegantissimo. Risultato: un bellissimo doppione. Ho deciso quindi di lasciare la mia copia per strada, con una dedica. Spero la troverà qualcuno a cui questo libro farà bene.
Nottetempo ha cambiato grafica ed è tutto UNA BOMBA.
In un post su IG, Carmen Maria Machado ha annunciato il titolo del suo nuovo libro (che aspettiamo con gioia).
Bernardo Zannoni ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima con il suo romanzo d’esordio I miei stupidi intenti (Sellerio).
Cinque domande a…
C’è un momento, nella vita di un lettore, in cui si fa chiaro e cristallino il lavoro gigantesco che fa chi traduce. A me è successo anni fa, non ricordo nemmeno con quale romanzo, ma ricordo di aver pensato: chissà che casino è stato lavorare a questo libro.
Per le cinque domande ho deciso di allargare lo spettro: non intervisterò solo persone che lavorano nelle case editrici, bensì anche chi scrive e chi traduce, appunto, e sono felice che la prima persona sia Silvia Pareschi. Se il nome non vi è nuovo, sappiate che è grazie a lei se avete letto in italiano Jonathan Franzen, Denis Johnson ma anche alcuni libri di Shirley Jackson, Colson Whitehead, Zadie Smith e Nathan Englander (e ne cito solo alcuni). Ecco qui le cinque domande e le cinque risposte di Silvia Pareschi, che ringrazio immensamente per la gentilezza e la generosità.
1. Qual è il ricordo più bello che hai come traduttrice?
L’inizio. Avevo partecipato a un seminario tenuto da Anna Nadotti, durante il quale le avevo consegnato una prova di traduzione che avevo fatto così, tanto per cimentarmi, senza nessuna ambizione particolare. Avevo trovato un libro di racconti di Alice Walker, inedito in Italia, e ne avevo tradotto uno bellissimo, The Revenge of Hannah Kemhuff. Anna aveva apprezzato la mia traduzione e l’aveva data da leggere all’editor dell’Einaudi, Marisa Caramella, senza avvertirmi. Un giorno squilla il telefono, vado a rispondere e sento una voce che mi dice: «Sono Marisa Caramella dell’Einaudi, le telefono per parlare di traduzione.» Per poco non mi è venuto un colpo.
2. Qual è il libro che hai tradotto che ami di più? E perché?
Domanda difficile, ce ne sono diversi che ho amato molto. Non riesco a scegliere, te ne dico tre. Innanzitutto Le correzioni, il primo libro che ho tradotto, il mio folgorante incontro con Jonathan Franzen, l’inizio di carriera più bello che si possa immaginare. Poi Jesus’ Son, il capolavoro di un grandissimo scrittore come Denis Johnson, che mi è caro non solo perché è un libro straordinario, ma anche perché Johnson è rimasto per me un rimpianto, quella volta che avrei potuto incontrarlo al New Yorker Festival del 2014, ma dopo averlo visto sul palco ebbi un attacco di timidezza e andai via. Morì tre anni dopo. Con lui avevo avuto alcuni scambi di email, era una persona molto gentile. E infine Venivamo tutte per mare, di Julie Otsuka, una storia dolorosa raccontata con una scrittura cristallina, che mi scorreva sotto le dita come musica mentre la traducevo.
3. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Mio padre che quando avevo quattro anni mi disse che era stufo di leggermi i fumetti di Paperino, così mi insegnò l’alfabeto e mi disse di arrangiarmi da sola.
4. Che libro stai leggendo in questo momento?
Allora, sto rileggendo Lessico famigliare con i miei studenti americani, prima di dormire leggo Telex da Cuba di Rachel Kushner perché la sto traducendo e quello mi mancava, mentre faccio la passeggiata quotidiana ascolto l’audiolibro di Sanguina ancora di Paolo Nori, e al mattino prima di mettermi a lavorare leggo una poesia da La bambina pugile di Chandra Candiani o una fànfola di Fosco Maraini da La gnòsi delle fànfole.
Non c’è bisogno di dire perché abbia proposto un classico molto amato come Lessico famigliare ai miei studenti, che hanno ottimi gusti in fatto di libri, mentre consiglio Kushner a chi non la conosce perché secondo me è una brava scrittrice ancora poco conosciuta in Italia. Per quanto riguarda Nori, be’, io amo moltissimo la letteratura russa e in particolare Dostoevskij (sono laureata in russo), e consiglio di ascoltare l’audiolibro perché Nori che legge Nori è spettacolare. Per quanto riguarda la poesia, mi sembra il modo migliore per cominciare la giornata, con l’intensità di Candiani o con l’esilarante, geniale funambolismo verbale di Maraini.
5. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
Anche questa ovviamente è una domanda difficile, ma stavolta scelgo senza esitare: Il Maestro e Margherita. L’ho letto almeno cinque volte, in italiano e una volta addirittura in russo, praticamente l’unico libro russo che ho letto per intero in lingua originale, con sforzo sovrumano, nella mia fallimentare carriera di russista. Il Diavolo a Mosca! La più bella storia d’amore mai raccontata! (Avete visto il video di Alessandro Barbero che si mette a piangere mentre lo racconta?) Gesù e Ponzio Pilato! Quasi quasi torno a leggerlo un’altra volta.
SPORE.
Continua il viaggio della mia doppia copia di Noi, i sopravvissuti. Dopo Milano, Roma e Latina, Tash Aw è arrivato a Perugia dove è stato letto da Laura. Ora continua il suo viaggio, mi dicono verso le montagne.
Un link.
Sulle tracce di Maria Lai, un documentario su Raiplay.
Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando Troubadour, di Lula Pena.
Eccoci qui, anche stavolta alla fine.
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Ci sentiamo presto, con grandi novità.
Un abbraccio!
Silvia