Autostrada del Sud #24
Ciao! Questa è una nuova puntata di Autostrada del Sud, la prima del 2022.
Spero abbiate passato delle buone feste e siate pronti per un nuovo anno di scoppiettanti letture.
Ho cambiato l’intro tre volte. La prima riguardava me e una fotografia e un progetto. Nella seconda me la sono presa con un articolo scritto da De Majo su Joan Didion (ma volevo evitarmi la bile viola). Nella terza, questa, vi avviso invece che nel 2022 ho deciso di leggere meno. Mi sono accorta che nel 2021 ho letto moltissimo, ma mi è rimasto in mano molto poco. Non so se avessi l’ansia di leggere-i-libri-di-cui-si-parla o di leggere-libri-per-parlarne, so solo che non mi pare una cosa sensata e che, semplicemente, vorrei leggere i libri che mi va, al ritmo che voglio io.
Questo anche per dire che la prima sezione di questa newsletter, ormai arrivata al suo 24esimo invio, forse diventerà un po’ più scarna, ma ci sarà più spazio per altro e quindi bene così.
Ora iniziamo.
Alcuni libri letti in questo mese.
Raúl Zurita, INRI, Edicola Ediciones. Traduzione di Amaranta Sbardella.
INRI è un libro di poesie legate tra loro, un ciclo narrativo che tiene insieme la Storia del Cile, la terra del deserto dell’Atacama, la cordigliera e le storie di uomini e donne scomparsi e mai più tornati. In questo lungo poema i desaparecidos sono fiocchi di neve e pastura per pesci, ma sono anche spiriti che vivono in una barca abbandonata in mezzo al deserto. Il tutto è raccontato in un continuo movimento che si muove dal cielo alla terra, dalla terra al cielo, proprio come Cristo, che è caduto e poi risorto. E poi ci sono i nomi, le persone, che Zurita vuole ricordare attraverso l’arte e la poesia, affinché non vengano dimenticate. Un libro commovente e che insieme strazia. Un occhio visionario su una storia terribile.
Roberto Bolaño, 2666 (V libro), Adelphi. Traduzione di Ilide Carmignani.
Ho finito 2666, il capolavoro di Roberto Bolaño. Vi avevo già detto che mi fanno paura i libri molto lunghi, e che mi ero tranquillizzata al pensiero che fossero cinque libri separati. Ho iniziato a febbraio e ho finito a dicembre. Un periodo lungo in cui però mi sono davvero goduta queste storie e questo libro gigantesco. L’ultima parte parla di Benno Von Arcimboldi, personaggio su cui indagavano i critici nel primo libro. È raccontata la sua vita, dall’infanzia fino agli anni ‘90, periodo in cui sono ambientati gli altri tre libri.
Poi: ho letto un libro scritto da un amico e che uscirà a marzo 2022. C’è l’embargo, ma posso almeno dire che mi ha fatta molto pensare e sorridere. È uno scrittore che torna in libreria dopo molti anni e sono felice che ci regali una sua nuova storia da leggere.
In uscita o da recuperare.
Tabitha Lasley, Lo stato del mare, NR Edizioni. Traduzione di Raffaella Menichini.
“Un memoir brutalmente onesto che fa luce su ciò che accade quando il desiderio femminile entra in conflitto con una cultura della mascolinità in crisi. Da poco libera da una relazione tossica e sulla trentina, Tabitha Lasley ha lasciato il lavoro in una rivista londinese, fatto le valigie e investito i suoi risparmi in un contratto d’affitto di sei mesi per un appartamento ad Aberdeen, in Scozia. Era decisa a portare finalmente a termine l’idea a lungo rinviata di un libro sulle piattaforme petrolifere e gli uomini che ci lavorano. Perché le piattaforme petrolifere? “Volevo vedere come sono gli uomini quando non hanno donne intorno”. Ad Aberdeen, Tabitha viene inghiottita dal mondo della manovalanza dell’industria petrolifera, una vivida sottocultura piena di risse, duro lavoro, competizione e amicizie di straordinaria profondità. Più resta, più scopre che la sua presenza ha un effetto destabilizzante sugli uomini…e su se stessa. Lo stato del mare è il ritratto di un’industria in declino: “offshore” è uno stile di vita per generazioni di uomini principalmente della classe operaia, ma anche una potente metafora per quegli aspetti della vita che cerchiamo di ignorare come la classe, la mascolinità, i compromessi indotti dal desiderio e le terribili insidie di una via in salita che potrebbe, se ci sforzassimo abbastanza, portarci alla sicurezza.”
Ricardo Piglia, Teoria della prosa, Wojtek Edizioni. Traduzione di Loris Tassi, a cura di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi.
“Teoria della prosa è un testo in cui teoria e pratica della finzione risultano inscindibili. Il volume, pubblicato per la prima volta in Argentina due anni dopo la sua morte, raccoglie il ciclo di lezioni tenuto da Ricardo Piglia all’Università di Buenos Aires nel 1995. Nel corso del seminario Piglia e gli studenti leggono alcuni testi di Juan Carlos Onetti. L’analisi non è di natura monografica; il discrimine, nella scelta dei testi è formale: si tratta di opere collocabili tra la forma breve e il romanzo. Il percorso che Piglia delinea si svolge intorno a un doppio asse, e le pagine di Onetti diventano occasione e strumento per rispondere a una domanda precisa: che cos’è questa forma ambigua? Che cos’è la nouvelle? Attraverso il dialogo con Poe, Deleuze, Auerbach e Šklovskij, Piglia definisce il nucleo di tale forma: uno spazio vuoto di cui, dall’interno della narrazione, si è all’oscuro. Si tratta di una peculiare posizione del narratore, il cui statuto di ambiguità è esemplare nei casi di Henry James e William Faulkner e, allo stesso tempo, dell’assetto di tale vuoto che sembra rispondere a ciò che Borges ha definito “causalità magica”.”
Elvira Navarro, L’isola dei conigli, LiberAria. Traduzione di Sara Papini.
“Un falso inventore alleva conigli su un’isola deserta con lo scopo di distruggere nidi di uccelli dal nome sconosciuto. Una coppia in procinto di lasciarsi vaga per un rifugio inospitale. In un hotel, una donna inizia a sognare i sogni degli avventori. A una ragazza cresce un’insolita zampa di coniglio dall’orecchio. Una madre defunta apre un profilo Facebook per comunicare con la figlia. Nella notte, una specie estinta incontra un arciduca. A Parigi iniziano a scomparire tratti di viale. Elvira Navarro, una delle scrittrici più acclamate del post modernismo spagnolo, ci conduce in un viaggio onirico dove niente è come sembra, tessendo undici storie inquietanti in cui la follia smargina i contorni, accoglie la paura e la racconta con una prosa esatta e tagliente.” Nota: di Navarro leggete anche La lavoratrice, uscito se non ricordo male nel 2019, sempre per LiberAria. Mi era molto piaciuto.
Jack Halberstam – Gaga Feminism. Sesso, genere e la fine della norma, Asterisco edizioni. Traduzione di Elisa Virgili.
“Perché così tante donne sono single, così tanti uomini resistono al matrimonio, e così tant* gay e lesbiche fanno figli? Gaga Feminism risponde a queste domande e, al tempo stesso, cerca di dare un senso ai tettonici spostamenti culturali che hanno trasformato le politiche di genere e sessuali negli ultimi decenni. Questo paesaggio colorato è popolato da simboli e fenomeni diversi come uomini incinti, lesbiche in età avanzata, SpongeBob e famiglie queer. Quindi come possiamo capire la dissonanza tra queste esperienze reali e le narrazioni eteronormative che dominano i media mainstream? Possiamo abbracciare il caos! Con dosi uguali di spirito e arguzia, Jack Halberstam rivela come queste rotture simboliche aprano uno spazio critico per abbracciare modi nuovi di concettualizzare il sesso, l’amore e il matrimonio.”
Varie ed eventuali.
A Milano, e più precisamente nel quartiere Affori, ha aperto una nuova libreria. Si chiama Alaska, è un luogo di confine e di rifugio. L’hanno pensata e creata persone incredibili e dovreste proprio farci un salto.
Un articolo di Franca Cavagnoli su Il rifugio dell’ircocervo. Argomento: traduzione.
I cinquanta libri migliori del 2021 secondo El país.
È morta Joan Didion, la scrittrice del mio cuore. Ho scritto un pezzo su di lei, sul mio amore per lei. Si intitola “La foto sulla terrazza” e si legge QUI.
E a proposito: Il Saggiatore ristampa due romanzi di Joan Didion: Prendila così (bello) e Il suo ultimo desiderio (brutto, ma non quanto il film che ci hanno fatto, con Ben Affleck e Anne Hathaway).
Non sono d’accordo quando dice che “se dovessimo ricordarla solo per i romanzi la archivieremmo come una onesta scrittrice o poco più” (io amo moltissimo la Didion romanziera) ma questo di Tommaso Pincio mi pare uno dei pezzi più riusciti e sensati su Joan.
Se per caso non sapete cosa leggere.
Cinque domande a…
A inizio giugno del 2018 ero a Ivrea, come ogni anno nei giorni de “La grande invasione”. Ormai dico sempre che è il festival più bello del mondo, ed è vero soprattutto per una parola che io aborro ma che rende benissimo l’idea in questo caso: l’atmosfera. La grande invasione è una sorta di bolla, tre giorni in cui saltano alcune regole. Sì, sì, eventi bellissimi, ospiti interessanti, organizzazione impeccabile, ma soprattutto una cosa: si beve praticamente tutto il giorno. Dalle 11,00 è sdoganato l’aperitivo mattutino, dalle 16,30 quello serale, i gin tonic e i superalcolici dalle 18.00 circa, e il risultato è che si è (o almeno io sono) quasi sempre brilli. La sera del primo giugno 2018 era stata una sera particolarmente “attiva”, ho il video di uno scrittore che rappa su Fabri Fibra ma per motivi di privacy non posso fare il nome. Io comunque mi sono trovata al parcheggio con due amiche alle 2 di notte, pronte per rientrare al B&B (avevo smaltito l’alcol ed ero lucidissima, lo giuro), e mi sono accorta di non avere più le chiavi della macchina. La bolla di Ivrea ha fatto sì che nonostante io sia un’ansiosa cronica e una malata di organizzazione e precisione, non abbia fatto un plissé di fronte all’idea di aver perso le chiavi della macchina in un giorno prefestivo a 300 km da casa, e abbia anzi detto: torniamo a piedi, ci pensiamo domani. Quando il giorno dopo ho chiamato i tre bar in cui ero stata a bere ho scoperto di averle perse nel primo, quello delle 18.30, e che non mi ero accorta di aver dimenticato anche gli occhiali da sole. Cosa c’entra Gianmario Pilo? Gianmario Pilo è il capo di Ivrea, il capo della Grande invasione e la persona che ha in custodia tutti gli oggetti persi da tutti: aveva le mie chiavi e i miei occhiali, che mi ha ridato scuotendo la testa e secondo me pensando: che fine, questi giovani ragazzi.
Oggi però è in questa newsletter non come giudice dell’universo e capo del festival più bello del mondo, bensì come commerciale di ADD editore. Lo ringrazio per le sue cinque risposte, promettendo di continuare a bere anche all’edizione 2022.
1. Qual è il ricordo più bello che hai in ADD?
Ne ho molti, scelgo quello dell’edizione 2021 del Salone del libro di Torino, lo stand con tutti noi al lavoro felici per cinque giorni davvero speciali.
2. Qual è il libro pubblicato dalla casa editrice per cui lavori che ami di più? E perché?
Sono particolarmente legato a Un altro giorno di morte in America di Gary Younge, perché purtroppo rimane sempre attuale, perché denuncia come sia folle la libera vendita delle armi negli Stati Uniti, perché racconta dieci storie che, purtroppo, potrebbero in qualche modo essere la nostra.
3. Qual è il primo ricordo che hai con la lettura e/o con un libro?
Ricordo che alle scuole elementari ero molto irrequieto, ma ricordo anche che in biblioteca mi lasciavano sempre prendere due libri, era probabilmente l’unico modo per tenermi tranquillo.
4. Che libro stai leggendo in questo momento?
Sto leggendo Mercanti di verità di Jill Abramson, pubblicato da Sellerio.
5. La tua libreria sta andando a fuoco e puoi salvare un solo libro per portarlo con te. Raccontaci quale e perché.
La domanda delle domande, solo uno? Molto probabilmente Il giovane Holden di Salinger perché è uno dei pochissimi libri che ogni tanto mi piace rileggere e perché continuo a pensare che Holden Caulfield sia un personaggio meraviglioso.
Un link.
Una foto astronomica al giorno. By Nasa.
Un album.
Questa puntata è stata scritta ascoltando La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria di Ornella Vanoni, Toquinho, Vinicio de Moraes.
Ebbene, anche questa volta siamo giunte e giunti alla fine.
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Ci risentiamo presto, nel frattempo occhio a non esagerare con i buoni propositi e usate la mascherina.
Un abbraccio!
Silvia